In una battuta rilasciata a Roma Today, il segretario provinciale del sindacato infermieristico Nursind Stefano Barone ha dipinto un quadro dei pronto soccorso romani a dir poco desolante: “Sicuramente oggi siamo messi peggio rispetto al periodo critico della pandemia. Gran parte degli ospedali romani hanno il 60% dei pazienti in attesa di un posto letto”.
“Messi peggio…”
Il che significa gente ammassata nei corridoi, vere e proprie degenze trascorse in barella, personale sanitario (già di per sé carente) allo stremo e impegnato in mansioni che nulla hanno a che fare con un pronto soccorso e/o col proprio ruolo, ecc.
Una media allarmante
Lo ha confermato, snocciolando dati ancora più emblematici, il presidente della Società italiana della medicina d’emergenza-urgenza (Simeu) Lazio, Giulio Maria Ricciuto: “Abbiamo una media che va dai 550 ai 900 pazienti in ogni momento fermi nei pronto soccorso laziali in attesa soltanto di essere ricoverati, di questi molti purtroppo aspettano da oltre 24 ore”.
Roma est in ginocchio
A soffrire di più, come certificato anche dalle recenti ispezioni dei Carabinieri del NAS, è il quadrante est della capitale, in cui posti letto per mille abitanti sono molti meno che nel resto di Roma e dove l’unico pronto soccorso ‘pubblico’ in grado di smaltire le urgenze è quello del Policlinico di Tor Vergata.
Ambulanze come posti letto
Perciò ogni giorno, come spiegato (sempre a Roma Today) da Alessandro Saulini, segretario Nursind Ares 118, inevitabilmente si forma una lunga colonna di ambulanze in attesa: “Arrivano in pronto soccorso, l’ospedale non è in grado di accettare nell’immediato il paziente che trasportano, e quindi inesorabilmente diventano un comodo posto letto”.
E tra stipendi inadeguati, turni massacranti, botte da orbi e riconoscimenti veri pressoché inarrivabili, i professionisti sanitari d’urgenza “sono ormai a rischio estinzione”…
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