Mancano 24.000 infermieri di famiglia e comunità

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Non ci sono dubbi: il futuro, per ciò che concerne la professione infermieristica e le cure in generale, è l’assistenza sul territorio. Ce lo dicono da mesi, in tutte le salse, esaltando il PNRR e parlando di una imminente riorganizzazione del nostro SSN in tal senso, ma… I conti non tornano affatto.

Il Report

Da quanto emerso nella 72esima puntata dell’Instant Report Covid-19 Altems, una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-Cov-2 a livello nazionale, mancherebbero qualcosa come 24.000 nuovi infermieri di famiglia e comunità.

Ne mancano quasi 24.000

Come spiegato da Americo Cicchetti, ordinario di Organizzazione aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatore del gruppo di lavoro: “In questo rapporto abbiamo stimato il fabbisogno di infermieri di comunità. Questo fabbisogno viene calcolato sulla base della bozza al 20 ottobre u.s. del documento ‘Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale’, elaborato dal ministero della Salute e da Agenas. Se consideriamo le ultime stime possiamo ipotizzare che siano necessari quasi 24 mila nuovi infermieri da dedicare al ruolo di infermiere di famiglia e comunità”.


Vuoi diventare un infermiere di famiglia e di comunità?

In queste pagine l’attenzione si concentra su storie che riuniscono, senza soluzione di continuità, bambini, adulti, anziani e le loro comunità.

Storie dove le competenze e le capacità tecniche storiche dell’infermiere sorreggono quelle innovative in cui le relazioni intense dei protagonisti mettono in moto la creatività e la capacità di attivare risorse, anche eterodosse, per sviluppare interventi partecipati di prevenzione e percorsi assistenziali condivisi e personalizzati.

L’ infermiere di famiglia e di comunità

Nella dialettica tra comunità, persona, famiglia e sistema solidale, una dialettica oggi sempre più difficile a causa dei mutamenti demografici in atto, si inserisce l’infermiere di comunità e di famiglia: due aree di competenza differenziate e complementari, che obbligano a un ripensamento profondo del ruolo e della professione, dal punto vista clinico, sociale e organizzativo. In queste pagine l’attenzione si concentra su storie che riuniscono, senza soluzione di continuità, bambini, adulti, anziani e le loro comunità. Storie dove le competenze e le capacità tecniche storiche dell’infermiere sorreggono quelle innovative. in cui le relazioni intense dei protagonisti mettono in moto la creatività e la capacità di attivare risorse, anche eterodosse, per sviluppare interventi partecipati di prevenzione e percorsi assistenziali condivisi e personalizzati. Apparirà ancora più chiaro che l’assistenza non può e non deve essere standardizzata, ma deve essere personalizzata a seconda delle esigenze delle persone e delle caratteristiche delle comunità. “Questo libro – tecnico e coinvolgente – dovrebbe finire in mano a tante persone… Sono pagine che parlano alle nostre esistenze. Alla vita di chi ha dedicato le proprie giornate al sociale. a chi si è appena affacciato a quello che, probabilmente, domani sarà il suo lavoro. a coloro che comunque nutrono interesse, più con il cuore che con la mente, a fatti e vicende che toccano uomini e donne soprattutto nel periodo della difficoltà e dell’abbandono” (dalla Presentazione di don Mario Vatta).

Maila Mislej, Flavio Paoletti | 2008 Maggioli Editore

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Una enormità

Una enormità impossibile da colmare, nemmeno assumendo tutti i neolaureati (pura utopia). Cicchetti infatti sottolinea che il numero è assolutamente rilevante: raggiungere questi standard vuol dire incrementare il personale infermieristico in servizio presso le strutture pubbliche in media del 9% rispetto al personale in servizio nel 2019. Non poco se consideriamo i posti messi a bando per l’accesso ai corsi di infermieristica nel 2018, quindi coloro che si sono laureati o sono in procinto di farlo, il sistema ha potenzialmente immesso poco meno di 15.000 laureati. Quindi anche ipotizzando di assumere tutti, mancherebbero circa 9.000 unità”.

Autore: Alessio Biondino

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Alessio Biondino

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