Se mancano gli infermieri aumentano i morti, lo dice (di nuovo) la scienza

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La carenza o meno di infermieri fa la differenza fra la vita e la morte. E a dirlo, ancora una volta, è la scienza.  Sono stati diffusi ieri, infatti, durante la Giornata Internazionale dell’Infermiere, i risultati di un ampio studio pubblicato sulla rivista scientifica Lancet.

Lo studio su 55 ospedali australiani

Nella ricerca sono stati raccolti i dati di 55 ospedali australiani che hanno dimostrato quanto sia importante avere un numero di infermieri sufficiente: quando ciò accade, vengono salvate più vite, vi è un migliore outcome clinico con l’accorciamento dei ricoveri, crolla letteralmente il rischio di recidive e di nuovi ricoveri. Il tutto si traduce in un risparmio ingente per le aziende sanitarie, addirittura il doppio di quelli spesi per le nuove assunzioni.

Ma entriamo meglio nei dettagli di quest’altro importantissimo precedente scientifico che, ancora una volta, conferma quanto ingiustificata sia la cronica assenza di personale infermieristico che attanaglia i nostri ospedali e che viene denunciata in ogni modo da tempo immemore sia dalle associazioni sia dai sindacati. Per non parlare degli Ordini e della Federazione Nazionale degli infermieri.

Un infermiere ogni quattro pazienti

Le strutture prese in considerazione dai ricercatori australiani appartengono allo stato del Queensland e l’indagine ha ‘arruolato’ 400.000 pazienti e 17.000 infermieri di 27 nosocomi dove, dal 2016, è stato adottato un nuovo regolamento sul personale sanitario che prevede la presenza di almeno un infermiere ogni quattro pazienti di giorno e uno ogni sette di notte.

Il confronto dei dati raccolti è poi avvenuto con quelli di altri 28 ospedali in cui invece il rapporto infermieri pazienti era peggiore, ovvero di uno a sei. Avete capito bene: uno a sei! Ovvero qualcosa di fantascientifico nella nostra realtà, dove la media è di un infermiere ogni undici pazienti, con alcune regioni come la Campania dove si arriva anche a uno ogni diciassette.

Mortalità, durata dei ricoveri e recidive

Ebbene… I ricercatori hanno scoperto che, tra il 2016 e il 2018, la mortalità è calata del 7% nelle strutture con rapporto infermieri pazienti 1:6 ed è diminuita dell’11% negli ospedali con più infermieri. Altresì, sempre nello sesso periodo, la durata dei ricoveri è calata del 5% nei nosocomi con meno personale e del 9% in quelli con più professionisti. Ma non finisce qui: è stato anche dimostrato che un minor carico di lavoro per gli infermieri riduce la mortalità e la riammissione in ospedale del 7%, oltre a ridurre del 3% la durata del ricovero.

Risparmi ingenti per le aziende

Come si è tradotto tutto questo, a livello di costi, per le aziende implicate? Secondo i calcoli degli studiosi, nel biennio preso in considerazione sono stati evitati 145 morti, 255 nuovi ricoveri e circa 30.000 giorni di degenza. Numeri che si sono tradotti in un risparmio di ben 33 milioni di dollari australiani (21 milioni di euro).

Da un aumento degli infermieri negli ospedali, quindi, ci guadagnano tutti: gli infermieri stessi, i pazienti e le tasche della sanità.

Queste sono state le dichiarazioni di Patsy Yates della Queensland University of Technology School of Nursing in Australia, tra gli autori della ricerca: “In parte la riluttanza ad adottare un rapporto minimo infermiere-paziente da parte di alcuni responsabili politici è dovuta all’aumento dei costi associati all’aumento del personale. I nostri risultati suggeriscono che questo atteggiamento è miope e che i risparmi ottenuti evitando nuove ammissioni ospedaliere e riducendo la durata del ricovero erano più del doppio del costo dell’assunzione dei nuovi infermieri necessari per soddisfare i livelli di personale richiesti”.

Il precedente

Un altro studio denominato RN4CAST e condotto a livello mondiale qualche anno fa, evidenziò come quando il rapporto tra infermieri e pazienti ricoverati è superiore a 1:6, la probabilità di morte aumenta del 7% per ogni paziente in più da assistere. Dati della ricerca alla mano, la Fnopi sostenne che, se il rapporto infermieri-pazienti scendesse al livello auspicato dalla ricerca, si potrebbero evitare almeno 3.500 morti ogni anno..

Conclusioni

Il nuovo studio, effettuato su un campione decisamente ampio, offre delle solide fondamenta scientifiche su cui basare le richieste di un aumento del personale sanitario. Cosa di cui si sta parlando molto in questi giorni anche alla luce del fatto che, come annunciato dal Ministro della Salute Speranza, la lunga stagione dei tagli alla sanità è finalmente terminata. Cosa stiamo aspettando?

Autore: Alessio Biondino

Fonti:

  • Matthew D McHugh, Linda H Aiken, Douglas M Sloane, Carol Windsor, Clint Douglas, Patsy Yates, Effects of nurse-to-patient ratio legislation on nurse staffing and patient mortality, readmissions, and length of stay: a prospective study in a panel of hospitalsThe Lancet, 2021, ISSN 0140-6736, https://doi.org/

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