Errore medico in un caso di aborto, il risarcimento spetta ad entrambi i genitori

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Il commento alla sentenza 2675/2018 sulla valutazione dell’errore medico in caso di aborto, suggerisce varie soluzioni giuridiche utili a comprendere la complessità della materia. I giudici della Suprema Corte, investiti della questione hanno annullato con rinvio al tribunale di secondo grado, la pronuncia impugnata da una madre che aveva subìto gli effetti non voluti della nascita della figlia, anche dopo essersi sottoposta ad intervento per l’aborto. La complessità dell’argomento suggerisce di muoversi entro lo spettro delle analisi e delle argomentazioni esclusivamente giuridico-normative.

La natura contrattuale della responsabilità in questi casi.

Mediante la sentenza in esame, il Giudice Supremo ha voluto evidenziare come in caso di aborto mal eseguito da parte del medico che conduca alla nascita indesiderata del figlio, si debba ottenere il risarcimento per i danni che si presentino come: conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento della struttura sanitaria all’obbligazione di natura contrattuale”. 

La storia degli ultimi 20 anni infermieristici:

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

Onere della prova

Ricondurre, giocoforza, la fattispecie sotto l’egida della responsabilità contrattuale vuole applicare le disposizioni di cui all’art. 1218 c.c. , che stabiliscono come debba essere l’attore a dar conto del proprio diritto e dell’esigibilità della prestazione, deducendola nel corso del giudizio. Graverà sul debitore (in questo caso il medico) l’onere di dover dimostrare di non aver potuto adempiere correttamente alla prestazione dovuta per causa a lui non imputabile.

IL danno patrimoniale riconosciuto anche in capo al padre.

Nel caso in esame i giudici della Corte di Cassazione hanno ritenuto che il danno dovesse essere riconosciuto anche in capo al padre della figlia. Tale decisione è avvenuta sulla scorta di una valutazione che, traendo origine nel particolare caso di cui sopra dalla natura contrattualistica del rapporto tra medico e paziente, vede, proprio in forza di tale contratto, la necessità di tutelare le posizioni di soggetti terzi rispetto allo stesso, ma sul quale ricadono gli effetti negativi dell’errore medico. In particolare i genitori lamentavano un deciso aggravio delle loro condizioni di vita a seguito della nascita indesiderata della figlia che, anche vista l’età avanzata della coppia, li ha costretti a porre in essere misure atte e non previste al fine del corretto sostentamento e cura della figlia stessa.

La statuizione della Corte

Questo nello specifico quanto statuito dalla Corte che ha cassato la pronuncia del giudice di merito:”in tema di responsabilità del medico per erronea diagnosi concernente il feto e conseguente nascita indesiderata, il risarcimento dei danni che costituiscono conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento della struttura sanitaria all’obbligazione di natura contrattuale spetta non solo alla madre ma anche al padre in funzione dei diritti e doveri, che secondo l’ordinamento si incentrano sulla procreazione cosciente e responsabile considerando che agli effetti negativi della condotta del medico e alla responsabilità della struttura in cui egli opera, non può ritenersi estraneo il padre che deve perciò considerarsi tra i soggetti ‘protetti’ e quindi tra coloro rispetto ai quali la prestazione medica inesatta è qualificabile come inadempimento con il correlato diritto al risarcimento dei danni, immediati e diretti, fra i quali deve ricomprendersi il pregiudizio di carattere patrimoniale derivante dai doveri di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli”.

 

 

Martino Di Caudo

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