Perugia, bocciate le Unità di Degenza Infermieristica. I sindacati: “Grave rischio per il cittadino”

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Una sonora bocciatura verso le Udi (Unità di Degenza Infermieristica), che rischia di rappresentare un precedente piuttosto importante e che conferma quanto deciso dal Tar dell’Umbria nel 2016, è arrivata lo scorso venerdì da parte del Consiglio di Stato ed è stata raccontata da umbria24.it.

Il percorso di diagnosi e cura

Il motivo? Il personale medico non può operare ‘a distanza’, in quanto altrimenti ciò dovrebbe determinare una traslazione delle responsabilità, non consentita dall’ordinamento”.

Altresì, “La gestione infermieristica”, come spiegato dai sindacati Cimo e Aaro, “ha una sua assoluta peculiarità che non può però prescindere dal percorso di diagnosi e cura che spetta esclusivamente al medico. Questa sentenza che fa giurisprudenza, permetterà in tutto il nostro paese di evitare situazioni simili che possono arrecare grave rischio alla salute del cittadino”.

“Sentenza storica”

La suddetta pronunciazione, come dichiarato da Marco Coccetta (segretario regionale di Cimo Umbria) e Cristina Cenci (presidente della Federazione Cimo-Fesmed dell’Umbria), “è una sentenza storica perché è stato definitivamente ripristinato, a livello nazionale, che spetta al medico la gestione del percorso clinico e terapeutico del paziente, nel rispetto del ruolo e delle funzioni del personale infermieristico”.

“Siamo di fronte a una sentenza destinata a fare giurisprudenza e che rende giustizia, dopo sette anni, a un atto precipitoso e sconclusionato dell’Azienda ospedaliera di Perugia”.

“Sconfinamenti”

L’istituzione delle Udi dell’ospedale di Perugia (12 posti letto ciascuna), legittimata da un provvedimento emesso dalla giunta regionale nel 2015, anche all’epoca fu aspramente criticata dai sindacati, tanto che fu presentato ricorso: “La precedente direzione aziendale aveva con arroganza portato avanti un’iniziativa che la categoria medica aveva fortemente criticato e sulla quale era intervenuta successivamente la Regione a dare il proprio placet; al di fuori però di quanto previsto da norme giuridiche nazionali e dalle stesse leggi regionali”.

Ma adesso, per i sindacati, è il momento di gioire: “Giunge finalmente al termine un lungo percorso volto a ristabilire la correttezza dei rapporti tra le varie professionalità presenti nel Servizio sanitario nazionale”, sottolinea Alvaro Chianella, segretario regionale Aaroi.

Che conclude: “Un sistema funziona se tutti svolgono il loro ruolo senza sconfinamenti. La sentenza del Consiglio di Stato conferma la specificità del ruolo medico e la non sostituibilità con altre figure. Questo era il principio in base al quale abbiamo iniziato questa azione legale e il vederlo riconosciuto non può che renderci soddisfatti e fiduciosi”.

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Alessio Biondino

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