Roma, calci in testa all’infermiera. Stiamo aspettando che ci scappi il morto?

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Dita mozzate, sequestri di persona, tendini recisi, pronto soccorso devastati, malori in seguito alle continue aggressioni, minacce e ora calci in testa: sono costretti a sopportare tutto questo, gli infermieri italiani (ex ‘eroi’ della pandemia). Cosa stiamo aspettando, prima di affrontare il problema seriamente e a brutto muso? Che ci scappi il morto?

Rifiuta le cure e aggredisce infermiera

Un’escalation di violenza, quella ai danni degli operatori sanitari, che sembra non avere fine. L’ultimo episodio si è verificato all’ospedale San Camillo di Roma lo scorso venerdì (11 febbraio) e ha visto come protagonista, suo malgrado, un’infermiera 30enne.

Secondo quanto riportato da Il Messaggero l’uomo, positivo al Sars-Cov2, era stato ricoverato in seguito a un peggioramento della sua situazione clinica. Ma, da buon no vax, dopo aver rifiutato le cure ha spinto l’infermiera in terra e ha iniziato a prenderla a calci in testa.

Denunciato

Fortunatamente, i suoi colleghi sono intervenuti immediatamente e hanno evitato il peggio, bloccando l’energumeno che è stato poi allontanato dal personale di sicurezza dell’ospedale.

La donna, immaginiamo con quale stato d’animo, è stata poi soccorsa e sottoposta ad accertamenti (se l’è cavata con qualche contusione e una prognosi di 10 giorni) mentre il grand’uomo è stato presto individuato e denunciato per aggressione e lesioni.

“Episodi gravissimi”

Stefano Barone, segretario del Nursind del Lazio, ha così commentato quest’ennesima vile aggressione ai danni degli infermieri: “Gli episodi di violenza, in particolare nei pronto soccorso, sono aumentati esponenzialmente.

Riceviamo segnalazioni da tutti gli ospedali. Il personale è già allo stremo, la quarta ondata della pandemia ci ha piegati. Questi episodi sono gravissimi”.

Basterà davvero un’allegra e sensibilizzante giornata contro la violenza ai danni degli operatori sanitari, appena istituita, per risolvere il problema? Perché i casi denunciati sono molti, sempre più gravi e non sembra proprio che accennino a placarsi.

Quanti i casi non denunciati?

E chissà quanti sono quelli che non vengono denunciati! Come ricordato non molto tempo fa da Carmelo Gagliano, consigliere del Comitato Centrale della FNOPI, “Un recente studio fatto con l’Università di Tor Vergata a Roma, insieme a sette atenei pubblici su tutto il territorio italiano ha rilevato che, in realtà, sono 120-130 mila ogni anno gli infermieri oggetto di aggressioni da parte di pazienti all’interno di presidi ospedalieri, il 75% di loro sono donne.

La maggior parte non denuncia la violenza subita, perché pensa che faccia parte del lavoro. Molti di loro riportano traumi psico-fisici permanenti come la sindrome di burnout o la depressione e finiscono per abbandonare la professione.”

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Alessio Biondino

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