Con più infermieri in reparto 20% di riduzione della mortalità dei pazienti

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E’ certamente tempo di bilanci o meglio, sembra che il tempo del bilancio per gli infermieri che popolano le nostre corsie d’ospedale non sia mai venuto meno. Così è sempre più facile imbattersi in studi e ricerche che, senza pretendere di poter condurre a soluzione immediata, danno l’idea dell’attuale deficit numerico di infermieri che, gioco forza, ricade in maniera negativa sul servizi offerto ai pazienti.

Con più infermieri in reparto assisteremmo a una riduzione del 20% del tasso di mortalità dei pazienti

Una situazione di crisi endemica che finisce per svilire le istanze di crescita della categoria e mortifica la quotidiana lotta dei singoli infermieri sempre più costretti a barcamenarsi con un numero di pazienti maggiore e un minor numero di colleghi.

Eppure importanti ricerche internazionali delineano con particolare enfasi i tratti peculiari del lavoro infermieristico e soprattutto la loro importanza, si faccia particolare riferimento ad uno studio del National Institute for Health Research Collaboration for Leadership in Applied Health Research and Care – CLAHRC (Gran Bretagna), dal quale è emerso che se si assistesse ad un alleggerimento del carico assistenziale in capo agli infermieri, scendendo da 10 a 6 pazienti, questo condurrebbe ad una riduzione della mortalità del 20% nei reparti di medicina e del 17% in quelli chirurgici (in Italia la media dei pazienti per infermiere è di 12 unità salendo in alcune regioni come la Campania fino ai 18).

Non si addiviene alla medesima conclusione se viene aumentato il numero degli altri operatori sanitari, tanto meno se addirittura si dovesse assistere ad una riduzione di quello infermieristico.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  25.60 €

 

Sempre meno personale in Italia e la tendenza per il futuro non cambia.

In altre parole, più sono gli infermieri in reparto, maggiori sono le possibilità di mantenere in vita i pazienti. Una soluzione questa, la cui palese e semplice evidenza dovrebbe fare riflettere, ma al contrario in Italia stiamo assistendo ad una costante riduzione del personale impiegato, diminuzione che come già spiegato in altro articolo sulla crisi italiana della sanità italiana conduce a devastanti conseguenze per il personale sanitario e soprattutto per l’utente.

Non un problema di formazione ma di accesso al lavoro

Non è un problema di formazione, in Italia siamo in grado di garantire una buona preparazione ad un discreto numero di studenti, sono 42 gli atenei dai quali ogni anno 12.000 infermieri si accingono a cercare lavoro; il problema riguarda proprio l’ingresso nel mercato del lavoro.

La Ragioneria dello Stato fornisce, in tal senso, un quadro preoccupante della situazione in cui versa il nostro SSN, evidenziando come nel biennio 2015/16 si sia assistito ad ad una perdita senza ricambio di professionisti per un numero che supera le 4.500 unità soprattutto in quelle regioni in cui si è in presenza di piani di rientro. Sono aumentati i precari e come se ciò non bastasse è aumentata l’età media, da 47,47 anni del 2015 ai 48,02 del 2016.

Una diapositiva a tinte scurissime.

Una diapositiva a tinte scurissime dal quale emergono tratti di grande precarietà, basti considerare che nei prossimi 5 anni è previsto un buco di quasi 70 mila infermieri. Il problema riguarda quindi lo stato di salute del mondo sanitario italiano nel complesso con singole ricadute per i pazienti.

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Martino Di Caudo

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