Il trattamento locale di una lesione cutanea: la detersione

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Detergere è un atto irrinunciabile nel trattamento di una ferita acuta o cronica: rappresenta il primo passo per preparare alla guarigione il letto della ferita dell’ulcera cutanea.

Per detersione si intende l’azione del pulire, del togliere via, del rimuovere tutto ciò che ostacola la guarigione di una ferita ovvero il materiale superficiale e poco aderente che si è stratificato sul fondo della ferita, i germi di superficie, l’essudato fluido depositatosi ed eventualmente i residui di precedenti medicazioni locali.

Il trattamento locale di una lesione cutanea: la detersione

L’azione del detergere, inoltre, consente una miglior visualizzazione della ferita per la sua valutazione.

Ad oggi non sono disponibili studi scientifici su come condurre una detersione ma ci si basa soprattutto su pratiche consolidate di esperti di Wound Care e linee guida internazionali per la prevenzione e il trattamento delle Ulcere da Pressione (EPUAP-NPUAP)

Secondo le raccomandazioni dell’EPUAP (European Pressure Ulcer Advisory Panel) è necessario:

  • Detergere l’ulcera da pressione a ogni cambio di medicazione
  • Detergere la maggior parte delle ulcere da pressione con acqua potabile (cioè, acqua da bere) o soluzione fisiologica
  • Considerare l’uso di una tecnica asettica qualora il paziente, la lesione o l’ambiente di guarigione della ferita siano compromessi
  • Considerare l’uso di soluzioni detergenti con surfattanti e/o antimicrobici per detergere le ulcere da pressione che presentano scorie, infezione confermata, infezione sospetta o sospetto di alti livelli di colonizzazione batterica
  • Detergere con attenzione le ulcere da pressione con tragitti sinuosi/tunnellizzazioni/sottominature
  • Applicare la soluzione detergente con una pressione sufficiente a detergere la ferita senza danneggiare il tessuto o spingere i batteri in profondità nella ferita

  • Chiudere ed eliminare in modo appropriato la soluzione utilizzata per l’irrigazione al fine di ridurre la contaminazione crociata

 

  • Detergere la cute perilesionale.

La tecnica più utilizzata, ovvero quella che raccoglie i maggiori consensi tra gli esperti del settore, è rappresentata dalla irrigazione.

Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche

Quali sono le medicazioni adeguate per un’ulcera da pressione in un neonato” Le vesciche vanno rimosse” Come trattare un’ustione superficiale” Quali sono i segni secondari di infezione” Cosa fare in caso di un’ulcera maleodorante” e in caso di dermatite da incontinenza” Come prevenire le ulcere da pressione del tallone” Quali sono i problemi della ricerca infermieristica nel campo del wound care” Quali sono le caratteristiche cliniche da rilevare” Come si prepara un intervento educativo per un paziente con ulcere” Pensato e scritto da infermieri con una preparazione specifica nei diversi ambiti della cura delle lesioni, questo libro affronta temi particolari e poco conosciuti, ma ben presenti nella pratica quotidiana. Il manuale coniuga le più recenti prove di efficacia – mettendone in luce gli elementi critici e i punti di forza – con l’esperienza degli autori. Il modo in cui sono trattati i singoli argomenti non offre al lettore “ricette facili” (spesso fallimentari), ma fornisce percorsi per trovare soluzioni differenti a pazienti unici. Caula Claudia, infermiera, esperta in wound care, referente ulcere da pressione RSA Vignola (MO). Alberto Apostoli, infermiere, podologo, esperto in wound care. Master in Assistenza Infermieristica in Area Geriatrica. U.O. Chirurgia Plastica, Azienda Spedali Civili (Brescia).

Claudia Caula, Alberto Apostoli | 2010 Maggioli Editore

42.00 €  39.90 €

Essa consiste nel lavare la ferita con uno strumento, ad una pressione definita, ad una temperatura adeguata e con un agente liquido consono. In sintesi i principali fattori che condizionano l’irrigazione sono:

  • la temperatura

  • la quantità e le caratteristiche dell’agente detergente

  • la pressione e la durata della procedura

La procedura può essere eseguita con una siringa sterile da 30-35 ml applicandovi un ago o l’anima siliconica di un’ago-cannula di calibro 18-19 gauge (quest’ultima appare più sicura ed efficiente rispetto all’ago che resta a rischio di distacco improvviso – ad eccezione dell’attacco Luer-lock).

Una pressione convinta sullo stantuffo (corrisponde grossolanamente a quella prodotta da un apparecchio idropulsore per l’igiene orale alla minima potenza) produce un getto con una pressione compresa tra 8 e 11 PSI (pounds per square inch) che rappresenta la spinta liquida ideale per ottenere una detersione efficace.

Una pressione inferiore avrebbe solo l’effetto di inumidire il fondo della lesione e non di pulizia superficiale, al contrario una pressione superiore sarebbe nociva per il trauma cellulare e l’azione negativa sul circolo capillare e tenderebbe a spingere in profondità materiale e batteri di superficie.

Una pressione esagerata determinerebbe, inoltre, una contaminazione ambientale attraverso gli schizzi e l’aerosol di particelle dal fondo della lesione. In considerazione di questo, è opportuno sottolineare l’importanza di indossare mezzi di protezione individuale per evitare la contaminazione delle prime vie aeree degli operatori da parte di germi presenti sulla superficie della ferita (es Staphilococcus Aureo).

Oltre alla pressione il fattore determinante è la temperatura dell’agente liquido che deve essere tarata su quella corporea e può oscillare tra i 37°C e i 39°C. Una temperatura congrua esercita un effetto benefico sul fondo e sui margini della ferita aumentando l’afflusso ematico e di conseguenza la tensione locale dell’ossigeno, risultando anche più confortevole per il paziente.

Con temperature al di sotto dei 28 °C occorrono circa 40 minuti per recuperare il grado di temperatura iniziale e la divisione cellulare rimane bloccata per almeno 3 ore (Mayers 1982).

Soluzioni fredde provocano shock termico della ferita con vasocostrizione locale, con danneggiamento del tessuto di granulazione e impatto negativo sulla mitosi cellulare e possono anche scatenare sensazione dolorosa.

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Quali sono le medicazioni adeguate per un’ulcera da pressione in un neonato” Le vesciche vanno rimosse” Come trattare un’ustione superficiale” Quali sono i segni secondari di infezione” Cosa fare in caso di un’ulcera maleodorante” e in caso di dermatite da incontinenza” Come prevenire le ulcere da pressione del tallone” Quali sono i problemi della ricerca infermieristica nel campo del wound care” Quali sono le caratteristiche cliniche da rilevare” Come si prepara un intervento educativo per un paziente con ulcere” Pensato e scritto da infermieri con una preparazione specifica nei diversi ambiti della cura delle lesioni, questo libro affronta temi particolari e poco conosciuti, ma ben presenti nella pratica quotidiana. Il manuale coniuga le più recenti prove di efficacia – mettendone in luce gli elementi critici e i punti di forza – con l’esperienza degli autori. Il modo in cui sono trattati i singoli argomenti non offre al lettore “ricette facili” (spesso fallimentari), ma fornisce percorsi per trovare soluzioni differenti a pazienti unici. Caula Claudia, infermiera, esperta in wound care, referente ulcere da pressione RSA Vignola (MO). Alberto Apostoli, infermiere, podologo, esperto in wound care. Master in Assistenza Infermieristica in Area Geriatrica. U.O. Chirurgia Plastica, Azienda Spedali Civili (Brescia).

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L’agente detergente ideale dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

  • non essere né tossico né allergogeno

  • restare attivo in presenza di materiale organico

  • essere in grado di diluire la carica microbica

  • essere economico e di facile stoccaggio

la presenza contemporanea di tutti questi caratteri è particolarmente difficile da reperire in un unico fluido, ma è possibile concentrare l’analisi su i 2 agenti liquidi più utilizzati per l’irrigazione delle ferite:

  1. la soluzione fisiologica (salina allo 0,9%)

  2. l’acqua potabile corrente (direttamente dal rubinetto).

La soluzione fisiologica è, con tutta probabilità, l’agente detergente più applicato nel mondo, è isotonica con i fluidi della ferita e per tale ragione non cede né sottrae liquido alla stessa; questa sua caratteristica gli permette da un lato di esercitare appieno l’azione meccanica di pulizia della ferita ma dall’altro ne fa un prodotto costoso e di gestione prevalentemente ospedaliera.

L’acqua di rubinetto (direttamente potabile o attraverso l’ausilio di filtri) o sterile dopo bollitura, risulta essere l’agente liquido più economico disponibile; essa però è ipotonica rispetto ai fluidi della lesione e dunque influenza la tensione osmotica con possibile insorgenza di edema locale e discomfort del paziente.

La letteratura scientifica di settore non offre attualmente alcuna evidenza se sia più opportuno applicare l’acqua di rubinetto o la soluzione salina per detergere le ferite, né esiste una consolidata base di consenso scientifico sui criteri di impiego dei 2 fluidi. Certamente alle nostre latitudini la soluzione fisiologica (NaCl) trova più spazio di utilizzo rispetto all’acqua di rubinetto, anche se la scelta non è motivata da un reale razionale scientifico ma esclusivamente da ragioni pratiche e dall’abitudine degli operatori.

Individuati strumento, pressione, temperatura e tipo di agente liquido non resta che determinare la quantità di fluido da irrigare per raggiungere gli obiettivi prefissi; il suggerimento è quello di essere sempre generosi sulla quantità di fluido (non certo 10 ml) riempiendo una siringa da 35 ml almeno 10 volte, cercando di indirizzare il flusso in tutte le direzioni e con diverso piano tangenziale.

Altra raccomandazione è di utilizzare in toto il flacone di fisiologica, infatti dopo la 20 ° puntura del flacone è stata dimostrata contaminazione della soluzione.

L’irrigazione è la pratica più diffusa ma non l’unica per detergere una ferita. Sono da menzionare la tecnica dell’immersione, il tamponamento e la Soft Graze , ovvero quella manovra di delicato sfregamento della garza imbevuta di NaCl  sul fondo della lesione. (non corrisponde in alcun modo al “soft debridement” poiché non si esercita alcuna forza di rimozione di tessuto devitalizzato né tantomeno di necrosi).

Il Soft Graze agisce con le medesime caratteristiche dell’ irrigazione ma con un diverso strumento. Tale procedura è certamente più condizionata dalla manualità dell’operatore e la sua esecuzione non segue delle regole fisse in termini di pressione e temperatura, ma in assenza di fistolizzazioni, tunnels, o ampie sottominature raggiunge gli stessi obiettivi.

In sintesi la detersione, con qualsiasi tecnica venga realizzata, rappresenta un passaggio fondamentale nella gestione delle ferite acute e croniche, sia nei pazienti ospedalizzati (ricovero o ambulatorio) che ancora di più nei soggetti seguiti al domicilio.

Per approfondire

http://www.epuap.org/wp-content/uploads/2016/10/italian-traduzione-linee-guida-epuap-final-version-updated-jan2016.pdf

http://www.epuap.org/wp-content/uploads/2016/10/qrg_prevention_in_italian.pdf

Autore: Gianluigi Romeo

Studio Infermieristico DMR

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