Un filmato diffuso a Sidney (Australia) con l’intenzione di convincere la popolazione a prenotare il vaccino anti-Covid, sta facendo tremendamente discutere. Il motivo?
Il video shock
Oltre al breve video decisamente ansiogeno, in cui si vede una giovane donna sudata e in evidente crisi respiratoria all’interno di una tetra stanza di degenza, sembra infatti che il messaggio trasmesso sia piuttosto contraddittorio.
Le critiche allo spot sono rivolte soprattutto alla scelta (secondo molti del tutto immotivata) delle autorità di prendere di mira i giovani (che avranno diritto all’immunizzazione solo alla fine dell’anno in corso), come dimostrerebbe la presunta età della protagonista dei fotogrammi.
Completely offensive to run an ad like this when Australians in this age group are still waiting for their bloody vaccinations. https://t.co/4xF5hZAkqp
— Hugh Riminton (@hughriminton) July 11, 2021
Come commentato dal giornalista Hugh Riminton sul social Twitter, “È offensivo pubblicare un messaggio del genere, quando gli australiani di quest’età stanno ancora aspettando le vaccinazioni. Perché prendiamo di mira loro e non parliamo della ritrosia espressa dagli over 55 a ricevere il vaccino?”.
Il governo: “Volevamo essere espliciti”
Il filmato, che fa parte di una più ampia campagna ideata per promuovere la vaccinazione anti-Covid e denominata Arm Yourself, non ha ricevuto successo nemmeno tra gli operatori sanitari.
Eppure il governo continua a difenderla a spada tratta, come ha spiegato il chief health officer australiano Paul Kelly: “Abbiamo cercato di essere espliciti per far arrivare il messaggio in modo diretto. Incentivare la gente a restare a casa e prenotare test e vaccini.
Situazione preoccupante a Sidney
Lo stiamo facendo perché la situazione di Sidney è preoccupante”. Nella metropoli australiana, infatti, la variante Delta sta dilagando e per questo motivo la città è in lockdown da tre settimane. Secondo gli ultimi bollettini il nuovo ceppo, emerso a metà giugno, avrebbe già contagiato 700 persone e ci sarebbe un morto.
Da sottolineare è che solo il 10% della popolazione in oggetto ha ricevuto l’intero ciclo vaccinale e ciò non solo per una carenza importante di dosi del preparato Pfizer: la perplessità sulla sicurezza del vaccino Astrazeneca, complice la costante opera di disinformazione allarmistica di alcuni media, ha fatto il resto.
Autore: Alessio Biondino
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