Cinematerapia: il cinema come cura

Scarica PDF Stampa

Sin dalla nascita del cinema, in quel lontano 28 Dicembre 1895, si è subito capito il grande potenziale di questa nuova forma di comunicazione. Seppur screditata come arte, le persone si resero conto di come questo riuscisse ad influenzare le menti degli spettatori: le proiezioni cinematografiche riuscivano infatti a suscitare emozioni differenti gioia, malinconia, felicità, tristezza, allegria, paura, più di quanto facessero tutte le altre arti. Diventò per questo oggetto di studio. Oggi, la branca scientifica che si occupa di approfondire il legame che intercorre tra cinema e le neuroscienze è definita “neurocinema” (o anche “neurocinematica”).

Uno dei più importanti studiosi contemporanei di questa disciplina è il professor Giacomo Rizzolatti, neuroscienziato italiano, che coordinò, tra gli anni ’80 e ’90, un gruppo di ricercatori che porteranno ad una delle più importanti scoperte neuroscientifiche della storia contemporanea: i neuroni specchio. Questi sono una classe di neuroni localizzati nelle aree motorie e premotorie, nonché nell’area di Broca e nella corteccia parietale inferiore, che si attivano selettivamente sia quando si compie un’azione (con la mano o con la bocca) sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri (in particolare da conspecifici).

I neuroni dell’osservatore “rispecchiano” quindi ciò che avviene nella mente del soggetto osservato, come fosse l’osservatore stesso a compiere l’azione. In altre parole, i neuroni specchio sono
quella classe di neuroni che controlla l’empatia. Questa difatti fu una scoperta fondamentale nella storia del neurocinema in quando ci portò a comprendere perché noi spettatori empatizzassimo così tanto con i personaggi dei film. E qui si arriva al nocciolo di questo articolo: questa scoperta aprì le porte anche all’utilizzo del cinema come cura, non solo come supporto emotivo, ma anche come vera e propria terapia complementare, quella che oggi è conosciuta come filmterapia o cinematerapia.

La cinematerapia è definita come una cura complementare, appartenete al gruppo delle arteterapie, che utilizza i film (intese ovviamente anche clip di questi) come strumenti terapeutici. La cinematerapia può essere un catalizzatore per la guarigione e uno strumento per la crescita e lo sviluppo personale e professionale per coloro che si approcciano a questo con consapevolezza e coscienza. E’ una terapia innovativa, ma saldamente ancorata ai principi terapeutici tradizionali.

Cinematerapia 1
Neuroni specchio e cinematerapia

Il cinema per esempio si è dimostrato molto utile nell’assistenza a persone con disturbi mentali. I film infatti possono trasmettere diversi concetti importanti in modo efficace, come la gentilezza, la consapevolezza di sé, l’amore, il rispetto, l’umorismo, l’umanità, la giustizia. Concetti che per persone affetti da patologie, quali ad esempio la schizofrenia, non sono così semplici da apprendere. Difatti, in letteratura troviamo articoli molto interessanti che ci mostrano i benefici che la cinematerapia ha sulle persone schizofreniche, migliorandone la consapevolezza di sé, le capacità relazionali e contrastando in qualche modo il “pensiero concreto” consentendo al cervello l’associazione metaforica o astratta.

In questo caso, è stato preso d’esempio la schizofrenia, ma sono tanti i disturbi analizzati. Sembrerà forse scontato, ma uno dei film più apprezzati dalle persone schizofreniche, in quanto ha offerto a queste grande supporto emotivo e aiuto, è A Beautiful Mind di Ron Howard (2001). Un fattore importante nello sviluppo delle cinematerapia in ambito psichiatrico è stato il sempre maggior interesse dei cineasti al mondo psichiatrico e al tema della salute mentale.

Alcuni studi hanno anche dimostrato come la creazione di cortometraggi aiuti tanto le persone affette da patologie psichiatriche, in quanto funge da gioco di ruolo e quindi dà spazio alla loro creatività. Gli assistiti recitano, imparando a mettersi nei panni dell’altro, imparano a registrare un video e a montarlo, quindi acquisiscono anche competenze tecniche.

Una dimostrazione del potere che hanno i film sulla mente delle persone (in questo caso si riporta un esempio negativo) ce lo dà il film Natural Born Killers di Oliver Stone (1994) che ha involontariamente – per via delle sue scene cruente -, “ispirato” molti atroci delitti: come il “caso Edmondson e Darras”, il “caso Harris e Klebold” e altri ancora. Tutti i criminali protagonisti di questi massacri hanno affermato di aver sviluppato pensieri omicidi dopo la visione del suddetto film.

Questo triste evento portò alla conclusione che determinate persone, magari con disturbi psichiatrici silenti o non ancora diagnosticati, potrebbero non avere le capacità di filtrare ciò che il film mostra, portando ad un’interpretazione sbagliata e ad una pericolosa emulazione.

Un altro importante progetto lo sta portando avanti l’associazione Memofilm di Bologna, che propone la realizzazione di un cortometraggio, definito appunto memofilm, come terapia complementare nel trattamento delle persone affette da deterioramento cognitivo e demenza. Per la creazione di questo partecipano diversi professionisti, come medici, infermieri, psicologi, registi, e soprattutto le persone care dell’assistito.

L’obiettivo è costruire un cortometraggio che contenga al suo interno tutti i principali ricordi dell’assistito, in modo da poter migliore i disturbi della memoria, dell’orientamento e comportamentali. Questo sfrutta le teorie della terapia della reminiscenza, del metodo Validation e della filmterapia. L’infermiere risulta avere un ruolo centrale nella somministrazione di questa terapia.

Memofilm terapia complementare nel trattamento delle persone affette da deterioramento cognitivo e demenza
Memofilm, terapia complementare nel trattamento delle persone affette da deterioramento cognitivo e demenza

Il Memofilm si è dimostrato capace di valorizzare i ricordi del malato, di rievocare itinerari emotivi dispersi o sopiti, di riannodare legami spezzati, restituendo stima di sé e ridando un senso all’esistenza. Inoltre, questo è anche ben percepito dai famigliari e dai professionisti dell’assistenza coinvolti. Ha aumentato anche l’autostima dei famigliari, in quanto protagonisti di tutta la creazione del prodotto: dallo script alla rappresentazione. Il Memofilm costituisce un importante strumento di umanizzazione.

Uno dei primi utilizzi del cinema a scopo terapeutico in UK è stata nei trattamenti psicoterapeutici nei problemi di coppia. Il terapeuta consigliava alla coppia di guardare alcuni film che hanno come tema proprio i problemi di coppia e di questi se ne sarebbe poi discusso nella seduta successiva. Questa si è dimostrata una tecnica efficace ed è infatti ancora oggi utilizzata.

Il cinema inoltre è anche utilizzato per alleviare la sofferenza e il malessere delle persone ricoverate in ospedale, soprattutto per i pazienti pediatrici. In UK, nel 1996, nacque un’associazione chiamata MediCinema, tutt’oggi attiva, che porta i film negli ospedali, creando delle vere e proprie sale cinematografiche all’interno di questo dove i degenti possono godersi un film, con la costante assistenza del personale medico e socio-sanitario e di tutti i volontari. Dal 2013, questa associazione è presente anche in Italia. I risultati ottenuti da queste iniziative sono ottime, in quanto è stato dimostrato migliorino ansia e stress nei pazienti sottoposti a questa terapia.

Ma i film quindi sono utili solo per i pazienti? Ovviamente no. Infatti, i film aiutano le persone a comprendere meglio una patologia, quindi gli effetti fisici e psicologici che questa, soprattutto se cronica, ha sul malato. Per questo motivo si sta dimostrando sempre più utile avvalersi del supporto di film (o clip di questi) per l’insegnare delle diverse discipline medico-sanitarie.

Bibliografia:

  • Benelli, C. e La Spina, C. (2016). Empatia. State of Mind (http://stateofmind.it)
  • Gallese, V. e Guerra, M. (2015). Lo Schermo empatico. Cinema e Neuroscienze. Raffaello Cortina Editore.
  • Grosso, L. (2014). Memofilm. La Creatività contro l’Alzheimer. Mimesis Frontiere della Psiche.
  • Hankir, A., et al. (2015). Cinematherapy and film as an educational tool in undergraduate psychiatry teaching: a case report and review of the literature. Psychiatria Danubina, 27 Suppl 1, S136–S142. [link]
  • Sacilotto, E., et al. (2022). Through the Looking Glass: A Scoping Review of Cinema and Video Therapy. Frontiers in psychology, 12, 732246. [https://doi.org/10.3389/fpsyg.2021.732246]

Autore:

Giuseppe Gervasio. Infermiere, attore e aspirante regista. Appassionato di cinema da sempre, nel 2017 ho conseguito la maturità classica con un elaborato sull’utilizzo del cinema nella propaganda nazi-fascista (già allora parlavo di neurocinema, seppur non ne conoscevo l’esistenza di questa materia). Nel 2022 mi laureo in infermieristica presso la Sapienza Università di Roma con la tesi “Terapia non-farmacologiche: caratteristiche e vantaggi nel trattamento della persona affetta da deterioramento cognitivo”, in cui mi approcciai per la prima volta alla cinematerapia. Esercito la professione di infermiere, con interesse verso la comunicazione e la ricerca clinica. Già autore di diversi articoli, ho lavorato come podcaster e web content writer. L’arte ha sempre fatto parte della mia vita, ho studiato musica, recitazione teatrale e ad oggi sono anche uno studente di regia presso la Scuola
d’Arte Cinematografica F. Vancini di Ferrara.

Giuseppe Gervasio