Portantino, inserviente?! Ancora tanta confusione sul ruolo degli OSS.

Da pochi giorni per gli Operatori Socio Sanitari è arrivato un importante cambiamento, quello del passaggio nell’area socio sanitaria. Un evento significativo che apre le porte alla costruzione di un nuovo profilo, un’identità tutta da disegnare basandosi chiaramente sull’esperienza lavorativa maturata in questi venti anni di vita.
Di sicuro, questo transito per un operatore ormai diventato fondamentale all’interno del Servizio Sanitario Nazionale e non solo, è una gratificazione importante.

Inserviente, portantino, addetto alle pulizie! Ancora tanta confusione sul ruolo degli OSS.

Eppure, vi sono alcune realtà dove l‘OSS non si sa ancora chi sia e cosa fa. È il caso di molte  regioni del Sud ad esempio, dove troppo spesso si accomuna l’OSS a figure ben più antiche, ormai estinte, quali gli inservienti o i portantini.
È chiaro, molte di queste competenze sono state assorbite, ma occorre sottolineare e non dimenticare che oggi diventare Operatore Socio Sanitario, significa seguire un percorso di studio appropriato e accedere al pubblico impiego attraverso un concorso pubblico.
Concorsi sempre più difficili, a causa dell’importante numero di partecipanti e per tanto, occorre avere una buona preparazione, raggiungibile solo attraverso lo studio costante.

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Un impegno profondo dunque, per diventare OSS, una profonda evoluzione dall’epoca di queste figure che porta ben oltre a quelle che sono le semplici funzioni manuali.
Peggio ancora succede quando molte figure sanitarie, pensano che quest’ultimo sia il giovanotto di bottega o l’addetto alle pulizie, senza nulla togliere a questi importantissimi lavoratori che contribuiscono e hanno contribuito, alla sanificazione degli ambienti ospedalieri, durante questa pandemia da COVID-19.
Resta di fatto che continua imperterrita la forte discriminazione verso gli OSS, sempre più emarginati da un sistema che non ha nessuna intenzione di integrarli pienamente all’interno  del sistema assistenziale.
In molte regioni del Sud, l’OSS diventa una figura dalle mille sfaccettature che si trasforma in un vero tutto fare, dal tecnico dei lavandini quando serve, fino a diventare il barista di reparto.
Una costante sottovalutazione e demansionamento per questo professionista, che sfocia talvolta in una perdita totale di dignità lavorativa, a causa di questi sistemi diventati ormai conclamati e inespugnabili.
In effetti si spera che l’area socio sanitaria, possa demolire questo cattivo modello organizzativo e gestionale, che pensa all’OSS come il factotum di reparto al quale si può chiedere ogni cosa, apportando l’obbligo per esempio, del rispetto di protocolli generali su tutto il territorio Nazionale.
Purtroppo è proprio colpa dei cattivi modelli gestionali se esiste una certa confusione tra ruoli e professioni,  è il caso di visitatori e degenti all’interno dei reparti ospedalieri, che  accomunano con facilità gli OSS agli infermieri, suscitando grande ira da parte di questi ultimi.
Ciò accade in particolare, a causa della facile mescolanza di attività che talvolta per mancanza di personale, comporta un vero e proprio “minestrone di competenze”, creando diffidenza anche negli ammalati che non riescono a riconoscere chi sia l’ uno e l’altro.
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Alessandro Salerno

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