Contro il Coronavirus non solo infermieri: altri professionisti sanitari, altri eroi.

Scarica PDF Stampa
Coronavirus, contagio, quarantena, isolamento. E poi ancora Ministri che si accapigliano (facendo di ogni necessità virtù), Medici, Governatori di Regione, Protezione civile, Direttori Generali, e tanti altri protagonisti in prima linea, prima trincea di difesa contro il dilagare del virus, forse tutti eroi. Ma gli eroi sono finiti?

Coronavirus, gli eroi sono ovunque

Una spilla da eroe scintillante appuntata sul petto di ognuno. Eroi di qua e di là, eroi su e giù; mi chiedo se prima o poi si esauriranno le cariche onorifiche da affibbiare, o se magari si accumuleranno tutte sui soliti petti.

Ma chi sono gli eroi? Tutti e nessuno forse… Si elogia l’uno, si pende dalle parole dell’altro, li si vorrebbe tutti a barriera della nostra ansia. L’eloquio è spostato, e di molto, oltre che sul dire, anche sul fare, con un pericoloso deviamento da una carreggiata informativa: non vedo cartelli indicanti e frecce specificanti all’opinione pubblica chi fa tanto lavoro, sottoposto, sottopagato, sottomesso ad un sistema molto spesso carente di riconoscimenti, di professionalità dedite alla protezione della salute.

CORONAVIRUS COVID-19

La storia ci insegna che da sempre le società umane combattono, ciclicamente, la loro guerra contro le epidemie, questo nemico astuto, insidioso, implacabile, e soprattutto, privo di emozioni e scrupoli. Eppure, le società umane hanno sempre vinto. Oggi il progresso scientifico e tecnologico sembra librarsi ad altezze vertiginose. Ma, nella guerra contro le epidemie, le armi dell’umanità sono e saranno probabilmente le stesse di quelle che avevamo a disposizione quando questo inarrestabile progresso aveva appena cominciato a svilupparsi, come nel XV secolo della Repubblica di Venezia, nell’800, nei primi anni del ’900. Oggi, è vero, la comunità internazionale può contare su un’incrementata capacità di sorveglianza epidemiologica, su una solida esperienza nella collaborazione tra Stati, su laboratori in grado di identificare i virus e fare diagnosi, su conoscenze scientifiche in continuo progresso, su servizi sanitari sempre migliori, su agenzie internazionali come l’OMS, l’ISS italiano e il CDC americano. Ma oltre alle conoscenze, ai vaccini e ai farmaci, all’organizzazione dei servizi sanitari, per affrontare con successo le epidemie è molto importante il senso di appartenenza alla comunità, la solidarietà sociale e l’aiuto reciproco fra persone. Di fronte ad una minaccia sanitaria, la fiducia nello Stato e nelle scelte delle autorità sanitarie, la consapevolezza del rischio e la solidarietà umana possono aver la meglio sull’ignoranza, l’irrazionalità, il panico, la fuga e il prevalere dell’egoismo che in tutti gli eventi epidemici della storia hanno avuto grande rilevanza.     Walter Pasiniè un esperto di sanità internazionale e di Travel Medicine. Ha diretto dal 1988 al 2008 il primo Centro Collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Travel Medicine.

Walter Pasini | 2020 Maggioli Editore

9.90 €  8.42 €

In altre parole, di altri interpreti sulla scena del Coronavirus non si parla molto, cioè di qualcuno che alacremente si spinge o viene sospinto a dare il meglio nei momenti più bui nei quali la vita è minacciata, si tace incredibilmente. Nessun altro all’orizzonte, o forse poco!

A volte se ne intuisce la presenza a margine di procedure o si pretende che facciano da scontata cornice come nei film o le fiction. Altre, obbligatoriamente si palesano come pedine sulla scacchiera: pezzi giusti al posto giusto, pezzi unici che si muovono sempre avanti e mai indietro. Non si parla molto di loro, eppure esistono e si muovono dietro le quinte, e nel frenetico rincorrersi delle notizie, delle azioni informative martellanti che non lasciano spazio di pensiero ai cittadini, ai pazienti, agli utenti.

Ma chi è che lavora dietro l’emergenza Coronavirus in Italia? Forse degli alieni, alienati senz’altro ai margini di una società sanitaria che si dovrebbe scoprire unita nel momento del bisogno? Di sicuro sono sempre gli stessi, sempre pronti, sempre a frequentare le stesse corsie e reparti, come tutti i santi giorni della loro vita!!!

Operatori sanitari: non eroi ma semplici professionisti!

Non basta più la parola operatori sanitari. Infatti, quand’anche se ne scandisse velocemente il flusso verbale, parrebbe sempre mancare a tutti una specificità  impersonabile da giusti nomi che in questi giorni calcano il palcoscenico mondiale e soprattutto italiano dell’emergenza Coronavirus.

I nomi giusti mancano e nessuno fa niente per ricordarli…! Ma quando serve manodopera, tutti dentro come “carne da macello”!!!

Le Istituzioni, i media e l’opinione pubblica tutta dovrebbero plaudere a questi professionisti ignoti agli occhi di molti, ma che continuano con instancabile senso di un dovere professionalizzante che li contraddistingue adoperandosi per arginare il contagio, e perché no anche del virus della retorica.

Nell’elogiare la figura medica come per un già esplicitato fulcro fondante sanitario italiano, per il quale si scrive a giusta ragione in ogni dove, mi preme però sottolineare qui un aspro sentimento di mancanza affettiva quasi, da parte di chi sta sorvolando su questioni  abbastanza non evidenziate, come i droni che ci inviano le immagini dalle “zone rosse”.

Di infermieri se ne parla poco se non di rimbalzo tra la cronaca, alla rinfusa sparsi negli Ospedali nei quali sembrano girare ignari (sempre le stesse immagini), ma così non è nella realtà. I video si sprecano vuoti delle facce e delle storie di chi protagonista, a capo chino è consapevole del momento topico nel quale dimostrare la propria competenza, con la paura di portare con sé a casa, in famiglia, un bagaglio ansiogeno non facile, e un contagio grande come una montagna.

Encomiabile il lavoro dei colleghi coinvolti nell’emergenza nell’Ospedale di Codogno e quello di tutti gli altri che sono immersi in una “guerra” di trincea, ancora adesso.                                                                                                      Un grazie da chi doveva, io non l’ho mica sentito; una gratitudine alla professionalità messa in campo nel momento del bisogno è rimasta del tutto orfana e non spesa.

Tutti sulla stessa barca

In un momento cruciale dove la diagnosi è più che altro strumentale, dove la prognosi segue una dura realtà percentuale, dove un arginamento della sintomatologia appare quasi inefficace, sfugge agli occhi di tutti lo scenario primeggiante assistenziale della professione infermieristica.

Sembra quasi inesistente per come è rintanato (volesse il cielo) il durissimo lavoro dei tecnici di laboratorio che con lavoro minuzioso e con una spada di Damocle sempre minacciosa, si addentrano in labirinti pericolosi intasati da migliaia e migliaia di tamponi da analizzare e valutare, in un incontro faccia a faccia con il pericolo ad un palmo dal naso.

Viene nascosta nell’ombra la pratica dei nostri cugini tecnici di radiologia, anche e non solo come procedura differenziale che a spron battuto spinge dai Servizi di P.S. ad inviare cittadini ignari, preoccupati ed eventualmente contagiati.

Si enuclea da tutto l’ambiente la figura dell’ostetrica, quasi a vietare le venute al mondo in questa brutta emergenza. Forse han chiuso i punti  nascita e consapevoli i nascituri si girano dall’altro lato, aspettando tempi migliori? Si continua a nascere senza guardare in faccia le paure, sarebbe grave altrimenti un ostacolo alla vita (già messa allo sbando da molti). L’opera delle ostetriche è continua e non si ferma. Ma chi ne parla?    Si tralascia e ci si allontana da una nuova figura essenziale quale l’o.s.s, sempre più a stretto contatto con paziente e familiari.

Si lascia sprofondare l’apporto dei volontari che spontaneamente metto a rischio la propria incolumità.

CORONAVIRUS COVID-19

La storia ci insegna che da sempre le società umane combattono, ciclicamente, la loro guerra contro le epidemie, questo nemico astuto, insidioso, implacabile, e soprattutto, privo di emozioni e scrupoli. Eppure, le società umane hanno sempre vinto. Oggi il progresso scientifico e tecnologico sembra librarsi ad altezze vertiginose. Ma, nella guerra contro le epidemie, le armi dell’umanità sono e saranno probabilmente le stesse di quelle che avevamo a disposizione quando questo inarrestabile progresso aveva appena cominciato a svilupparsi, come nel XV secolo della Repubblica di Venezia, nell’800, nei primi anni del ’900. Oggi, è vero, la comunità internazionale può contare su un’incrementata capacità di sorveglianza epidemiologica, su una solida esperienza nella collaborazione tra Stati, su laboratori in grado di identificare i virus e fare diagnosi, su conoscenze scientifiche in continuo progresso, su servizi sanitari sempre migliori, su agenzie internazionali come l’OMS, l’ISS italiano e il CDC americano. Ma oltre alle conoscenze, ai vaccini e ai farmaci, all’organizzazione dei servizi sanitari, per affrontare con successo le epidemie è molto importante il senso di appartenenza alla comunità, la solidarietà sociale e l’aiuto reciproco fra persone. Di fronte ad una minaccia sanitaria, la fiducia nello Stato e nelle scelte delle autorità sanitarie, la consapevolezza del rischio e la solidarietà umana possono aver la meglio sull’ignoranza, l’irrazionalità, il panico, la fuga e il prevalere dell’egoismo che in tutti gli eventi epidemici della storia hanno avuto grande rilevanza.     Walter Pasiniè un esperto di sanità internazionale e di Travel Medicine. Ha diretto dal 1988 al 2008 il primo Centro Collaboratore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per la Travel Medicine.

Walter Pasini | 2020 Maggioli Editore

9.90 €  8.42 €

Non solo infermieri: altri professionisti sanitari, altri eroi.

In questa grave emergenza forse non tutti sanno che comunque, quotidianamente, incessantemente ed instancabilmente, lavorano nell’ombra e sono tenuti all’ombra da molti: infermieri, ostetriche, tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, oss, volontari ed altri ancora. Si mettono in risalto personalità politiche di spicco e medici ma non si specifica chi si muove sulla scena e nell’ombra di una macchina che si muove in urgenza.

Abbiamo chiesto a dei professionisti un parere su questa emergenza: l’approccio lavorativo, la sensazione di mancanza di riconoscimento, la protezione aziendale, i DPI ed altro.

  • Niente, mascherine vietate: che allarmiamo la popolazione! Rischiamo un provvedimento disciplinare!  (I. Infermiera);
  • Ci manca tutto: mascherine (non possiamo portarle per non spaventare) tute ed altro…ogni turno è un inferno, ci manca perfino il disinfettante. Arriverà ci hanno detto. Il contatto con i contagiati non lo hanno di certo i politici, che se ne stanno tranquilli a casa avendo fatto un tampone……per loro era disponibile ed immediato. Per noi, fino a quando non strisceremo tossendo insanguinati a terra non ce lo faranno. (P. Infermiere).
  • Lavoro in PS. Siamo in prima linea. Noto nella mia realtà poca formazione per l’uso dei dpi. Si potrebbe fare di più. Ci sono carenze strutturali nei PS soprattutto riguardo gli spazi adatti per la patologia. (J. Infermiera)
  • Niente mascherine nei reparti (in una Regione del nord con casi di contagio n.d.r.). In P.S. le hanno, ma devono usarle solo dopo debita disposizione. (B. Infermiera)
  • Appena sentito un intervento in TV: ringraziano i 46 Mila medici…..qualcuno ma pochi si ricordano anche di noi solo quando sono pochi e indicono un avviso pubblico per infermieri a 30 euro l’ora. Una mancanza di rispetto per chi rischia tutti i giorni, per chi è sempre presente da anni e da chi aspetta da 12 anni un rinnovo di contratto.  (F. Infermiere)
  • Gli eroi sono sempre i soliti….non si parla altro che dei medici. Noi lavoriamo senza mezzi di protezione, sotto organico e mal pagati. Ancora la gente non sa chi è l’infermiere e perchè ne ha bisogno. (G. Infermiere)
  • Ho sentito qualcuno che definisce “angeli” coloro che operano in prima linea, penso e spero sia un appellativo riservato anche e soprattutto a noi infermieri. Sento di farne parte. Se si lavora bene il ringraziamento arriva dal paziente e dalla sua famiglia, per questo non mi sento messa da parte anzi posso dire di essere orgogliosa di indossare la divisa ogni giorno, nonostante la stanchezza e il peso di turni a volte disumani. È Il lavoro che ho scelto e ritengo di farlo bene!..ormai ho perso fiducia nelle istituzioni e nel loro riconoscimento. (V. Infermiera)
  • Sono avvilito, stanco e non riconosciuto, ma io sono qua anche oggi sul campo, in silenzio. Non cerco visibilità, cerco possibilità per svolgere bene il mio lavoro…in silenzio.   (F. Infermiere)
  • Anche noi siamo importanti. Siamo per primi a contatto con paziente, parenti…visto che c’è panico totale e “guerra informativa” noi oss dobbiamo mantenere la calma e trasmettere la serenità al prossimo, non coinvolgerci nella situazione, dobbiamo avere la capacità di resistenza allo stress ..e non è per tutti ..siamo “in mezzo” tra pubblico e ammalato, tra medici e ammalato, tra infermieri e ammalato…secondo me noi oss siamo sottovalutati  purtroppo. Se mi sento messa da parte? Si forse, ma più che altro sottovalutata. Nella situazione attuale per es., arriviamo prima noi oss, mentre altri si nascondono dietro, come medici e altre figure…!  (U. OSS)
  • La mia professionalità è utile esattamente quanto prima. Tutti facciamo il possibile perché tutto continui a funzionare, anche se ovviamente c’è qualche disagio in più a cui cercare di far fronte. Non mi sento messo da parte perchè è normale che ci siano figure con più o meno peso sociale. Il tipo di azioni che svolgo sono importanti e mi pongono in prima linea, ma per quanto possa essere fondamentale aiutare una persona ad alimentarsi o tentare di riempire il suo cuore con un po’ di coraggio ed affetto, capisco che ci sono figure che hanno un impatto maggiore, che hanno studiato di più e hanno maggiori responsabilità. (P. OSS)
  • Io accuso molto la non considerazione della diagnostica di laboratorio e di noi tecnici: veniamo sempre messi da parte e assolutamente non considerati, al di là del CoV. Questa cosa mi fa male perché la nostra professione ha un ruolo fondamentale nella diagnosi clinica, sia virologica che di altri settori di laboratorio. Personalmente a volte mi sono sentita in ansia, ma nonostante questo non mi sono mai tirata indietro e non accadrà mai. (P. TLB)
  • I parti sono sempre una fonte d’ansia a prescindere dal Covid-19, in ostetricia l’imponderabile, è sempre presente. Certo se avessimo i DPI lavoreremmo con più tranquillità: abbiamo solo una mascherina ffp3 per tutti gli Operatori della sala parto e PS ostetr. Gin.  (M. Ostetrica)
  • Come professionista non mi sento messa da parte, attuo le norme igieniche adeguate per prevenire la trasmissione dei virus, ma questo rientra e rientrava già nella mia routine lavorativa. Mi è capitato un paio di volte di assistere donne influenzate, ma senza alcuna ansia, anzi, dato il panico generale, ho cercato di mettere le pazienti a proprio agio e senza dare la sensazione, che il loro stato influenzale potesse essere per me un problema o, ancora peggio, potesse cambiare la qualità assistenziale. Beh io penso che essere professionali è fondamentale nel nostro lavoro, ma lo era anche prima del Coronavirus. Alla fine, sono piccole ma importanti norme igieniche a fare la differenza. L’accortezza di lavarsi le mani prima di entrare in contatto con una nuova paziente, tra una paziente e l’altra, a inizio e fine turno, sono quotidianità per me. Così naturale che invito anche le mie pazienti a farlo, nel caso in cui vedo una mancanza. Tutto con una semplice frase, del tipo: ” se vuole, il lavandino è utilizzabile” oppure ” vuole darsi una rinfrescata”?. Quasi un invito, senza critica, ma con un fondo di educazione all’igiene personale. Nelle prossime settimane sarò in ferie e avevo prenotato un biglietto per il Sud Italia: non ci andrò per vari motivi. Non che abbia paura del virus, ma in una situazione così incerta, io professionista sanitario, non mi prendo la responsabilità di andare controcorrente e sono dalla parte delle persone che la trasmissione del virus la vuole evitare per un motivo di umana necessità. (S. Ostetrica)
  • Forse una campagna informativa e sinergica sarebbe opportuna….solo gli sforzi silenziosi di tante professioni ma anche e soprattutto per far conoscere l’impegno operoso quotidiano nel SSN che non è fatto di subordinazione ma di “servizio” verso gli utenti e le persone malate, ognuno con la sua competenza. Molto spesso a livello aziendale mancano direzioni tecniche, riabilitative e della prevenzione, mettendo tutto sotto il cappello infermieristico. Questo non aiuta ciascuna professione, professionalità e competenza ad esprimere, anche in un emergenza quale possa essere il giusto contributo, quello che realmente può servire e come può essere svolto nel migliore dei modi, con tempestività e sicurezza (per gli operatori e per il paziente). Insomma la mia rabbia non tanto perché a volte il mio lavoro è anonimo ma piuttosto perché molto spesso devo sottostare ad un protocollo che mi viene calato dall’alto e dove la mia competenza e la mia professionalità potrebbe rendere quella pratica migliore e più sicura. Faccio un semplice esempio… L’esecuzione di una radiografia del torace nel sospetto di COVID-19 in un paziente stabile può essere dirimente in urgenza e prima dell’esito del tampone? Un’altra sottolineatura è sulla formazione e spero che questo appello possa essere colto. Abbiamo redatto protocolli perfetti, o quasi, quarantene, tende, recuperato DPI, ma spesso ci dimentichiamo che tutto va accompagnato con momenti (anche brevi) di istruzione del personale. Allora è opportuno che tutti gli attori mettano sul piatto anche la formazione come strumenti e non solo i DPI. Passata l’emergenza potrebbe esserci tempo prezioso per formare il personale! (A. TSRM)
  • La dichiarazione di Conte di oggi mi ha dato molto fastidio. Ha detto che ha sbagliato il personale ospedaliero, per questo è scoppiato il virus!!! Noi siamo sempre presenti per qualsiasi emergenza e non c’è orario o festività! (C. TSRM)
  • In primo piano viene messo il paziente, e per questo in quel momento nessuno pensa al proprio stipendio, ma molte volte ti fermi e dici: “Felice per essere stato d’aiuto al paziente”. Ma ognuno di noi ha una vita al di fuori e rischiare quotidianamente per uno stipendio che nel tempo diventa sempre più tirato, fa male!  (D. TSRM)

Grazie ai tanti professionisti nell’ombra. Gli eroi contro il Coronavirus lasciamoli fare ad altri.

Autore: Giovanni Trianni (Linkedin)

Leggi anche:

Coronavirus, parola all’esperto: Gaetano Ciliento, specializzato in rischio infettivo

 

Giovanni Trianni

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento