Confusione, continui cambi di regole, misure contenitive e isolamento sociale hanno reso l’ultimo anno fonte di enorme stress sia per gli adulti che per i bambini. Secondo la ricerca condotta online da Human Highway per Assosalute, tra i disturbi più comuni correlato a stress post-pandemico troviamo cefalea, ansia, nervosismo, irritabilità, tensione muscolare e disturbi del sonno.
Da eustress a distress
Secondo il Prof. Piero Barbanti, docente di Neurologia presso l’Università IRCCS San Raffaele di Roma, durante il primo lockdown, lo stress vissuto poteva anche essere considerato positivo (eustress): “È stato proprio il sentore di allarme a permetterci di sostenere 2 mesi di chiusura forzata e riuscire a creare un nuovo equilibrio funzionale e utile senza rendercene conto e lamentarci.“.
Ma come scientificamente dimostrato, lo stress può essere sopportato positivamente solo per un breve periodo, dopodiché l’organismo ne subirà le conseguenze (distress).
Come afferma il dott. Barbanti, appena le prime fasi della pandemia si sono smorzate “è venuto alla luce, invece, uno stress negativo, poiché è comparsa la valutazione soggettiva del possibile protrarsi a lungo termine delle limitazioni e dei rischi, che ha fatto emergere una ruminazione psicologica, un sentimento di sfiducia e allarme cronico“.
Dai recenti studi emergono altri dati sconfortanti: la percentuale dei pazienti che non chiede più consiglio al medico e che ha smesso di fare alcunché per alleviare i sintomi è aumentata dall’11,6% al 21,1%, evidenziando come il senso di rassegnazione scaturito da uno stress pervasivo abbia vinto lo spirito di molte persone.
La riforma della medicina territoriale sarà finalmente in grado di prendersi in carico anche queste nuove istanze dei cittadini?
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