Tutto quello che devi sapere sulla Emodialisi: cosa è, a cosa serve e come funziona?

Dario Tobruk 17/07/22
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In questo articolo proveremo a spiegare, nella maniera più semplice possibile, tutto quello che devi sapere sull’emodialisi: che cos’è, a cosa serve e come funziona l’approccio terapeutico con cui migliaia di pazienti devono confrontarsi a causa della loro malattia.

Cosa è l’emodialisi?

La dialisi extracorporea (o emodialisi) è una tecnica di purificazione del sangue il cui scopo è l’eliminazione dal plasma dei prodotti metabolici di rifiuto e il mantenimento del bilancio dei liquidi e degli elettroliti.

Il sangue, e le sostanze tossiche di un paziente dializzato in esso contenute, attraversano una membrana semimpermeabile di un circuito interno alla macchina per la dialisi, passando dal sangue alla soluzione attraverso un processo fisico chimico chiamato diffusione: ossia secondo un gradiente di concentrazione che consente il loro passaggio dal sangue, a maggiore concentrazione di sostanze tossiche, a quella con concentrazione minore, la soluzione dializzante.

In questo modo il sangue viene depurato da tutte quelle sostanze di rifiuto che i reni, del paziente dializzato, non riescono a eliminare.

Come funziona l’emodialisi?

Elencheremo alcuni principi fisici alla base della dialisi extracorporea, in modo da chiarire come la macchina per dialisi riesca attraverso un sofisticato impiego delle forze chimico-fisiche a depurare l’organismo della persona.

La diffusione: processo attraverso il quale, secondo un gradiente di concentrazione, i soluti passano attraverso la membrana dializzante. Gli ioni e le piccole molecole passano dal sangue che, come già detto, ha un alto gradiente di concentrazione (è più concentrato) al dialisato a bassa concentrazione. Il processo avviene anche inversamente con un passaggio di sostanze utili al paziente, dalla soluzione dializzante al sangue (esempio Ca e Bicarbonato di Sodio).

La convezione: processo in cui il trasporto dei soluti avviene attraverso una membrana per trascinamento da parte del solvente. Per effetto della forza idrostatica, il soluto viene spinto ad attraversare la membrana semipermeabile, utile per eliminare le tossine.

L’ultrafiltrazione: passaggio di acqua dalla parte ematica alla soluzione di dialisi senza che passino anche soluti. Grazie ad un gradiente di pressione positivo del comparto ematico, in questo caso l’acqua non trascina con sé soluti che sono contrastati dalla concentrazione presente nel bagno di dialisi.

L’osmosifenomeno fisico-chimico alla base del passaggio dell’acqua da una zona a bassa concentrazione ad una di maggiore concentrazione.

Come è fatta la macchina per la dialisi extracorporea?

La macchina per la dialisi extracorporea o anche chiamato dializzatore può essere costruito dai produttori in diversi modi e con diverse funzioni parallele ma, in linea generale, tutte possono presentare alcuni componenti fondamentali per eseguire una dialisi.

Linea ematica

Dall’accesso vascolare del paziente il sangue è pompato attraverso una linea ematica, un tubicino biocompatibile e apirogeno dove scorre il sangue, dotata di misuratori di pressione e flusso.

Pressione che può essere modificata per ottenere l’ultrafiltrazione dei liquidi e il flusso, che può variare tra 250 e 300 ml/min. E’ spesso il lume in cui il sangue viene miscelato con l’eparina o altre molecole, in modo da renderlo incoagulabile e permettergli di attraversare i tubi di connessione e il filtro senza problemi. Di solito è attraverso questa linea ematiche che viene prelevato il campione per il controllo degli esami del sangue fattori della coagulazione, emocromo, elettroliti ecc…) viene controllato.

Circuito

E’ la linea usata dalla soluzione dializzante, che viene portata da un serbatoio o creato dalla macchina stessa. Per ogni seduta sono usati molti litri di acqua adeguatamente trattata in precedenza per l’eliminazione di contaminanti ambientali.

Filtro

Composto da migliaia di sottili capillari, la cui parete si comporta da membrana semimpermeabile, si estende in una superficie di scambio di 1 m² circa. La membrana filtrante deve essere il più biocompatibile possibile, ovvero la capacità di un dispositivo di non attivare il complemento per la presenza di determinati gruppi chimici sulla sua superficie tipiche della cellulosa. Il sangue passa attraverso i lumi dei capillari mentre il dializzato occupa lo spazio in cui sono immersi questi tubicini, ovviamente senza che mai i due fluidi vengano a contatto. In questo luogo avvengono i processi fisico-chimici sopra descritti.

Apparecchiature di controllo

In sostanza è l’interfaccia uomo-macchina che permette ai sanitari, medici, infermieri e oss, di vedere attraverso un monitor i dati in uscita (output) e, attraverso tastiere e manopole di modulare e verificare l’andamento della dialisi, in modo che l’operatore possa regolare continuamente il processo.

Cosa contiene il liquido dialitico?

Il liquido che permette la dialisi attraverso i principi fisici sfruttati è chiamato liquido di dialisi o dializzato. Il liquido usato contiene generalmente e in diverse formulazioni potassio, magnesio, sodio, calcio, acetato, bicarbonato, glucosio o altre sostanze.

Questo in modo da costituire una soluzione che a livello del filtro cede, scambia o richiama le sostanze dal sangue ristabilendo l’omeostasi clinica del paziente.

Scopo fondamentale della dialisi è, infatti, quello di eliminare i tossici uremici e i liquidi in eccesso. Ad esempio, attraverso l’eliminazione degli ioni idrogeno, si previene l’acidosi metabolica che insorge durante il periodo interdialitico.

Le soluzioni che contengono come tampone l’acetato oggi sono sempre meno utilizzate dato che un eccessivo accumulo di acetati durante la dialisi provoca malesseri e danni cardiocircolatori al paziente.

Il bicarbonato è invece da considerarsi un tampone fisiologico, infatti, durante il trattamento si ha un passaggio di bicarbonato dal liquido di dialisi al sangue e di conseguenza si ha l’innalzamento del valore di pH plasmatici.

L’utilizzo del bicarbonato comporta però difficoltà tecniche legate al fatto che lo ione bicarbonato è instabile e tende a dissociarsi in anione carbonato, inoltre il calcio e il magnesio possono interagire con il bicarbonato dando luogo alla formazione di complessi insolubili che sono la principale causa delle incrostazioni all’interno del circuito idraulico dell’apparecchiatura.

Per risolvere il problema della stabilità del bagno di dialisi bicarbonato vengono usati due contenitori separati uno contenente la soluzione acida e l’altro invece la soluzione di bicarbonato.

La composizione del dialisato può variare secondo il bisogno del paziente. Di solito durante una seduta di dialisi, può capitare di dover cambiare la concentrazione del potassio del dializzato in seguito a quella riscontrata nel siero ematica, riscontrata attraverso i continui prelievi ematici che si effettuano durante la dialisi.

Come viene scelto l’accesso vascolare del paziente?

Si sceglie un accesso secondo le possibilità cliniche del paziente (non solo il suo patrimonio artero-venoso), e il tempo del trattamento previsto. Nell’emodialisi temporanea, come per risposta all’insufficienza renale acuta (IRA) si preferisce usare un catetere venoso centrale o CVC, una linea di materiale biocompatibile come il silicone, permette il collegamento tra una superficie cutanea e un distretto venoso ad alto flusso come la vena succlavia, giugulare o femorale. È usata non solo per il trattamento durante le acuzie, ma anche nel periodo di confezionamento e maturità della fistola artero-venosa.

I cateteri si dividono in:

  • a doppio lume tunnellizzato
  • temporanei.

Il catetere a doppio lume tunnellizzato è usato per accessi a mediolungo termine. E’ un’alternativa alla fistola artero-venosa quando per difficoltà anatomiche è impossibile reperirla.

Le possibili complicanze sono quelle di ogni catetere:

  • infezioni,
  • flebiti,
  • occlusione trombotica
  • embolizzazioni.

Il catetere a doppio lume temporaneo anch’esso centrale viene utilizzato solo per pazienti in insufficienza renale acuta o con necessità limitate nel tempo di dialisi, perché possono essere utilizzati per poche settimane.

Nell’emodialisi cronica si usa invece confezionare le fistole artero-venose o FAV e molto meno frequentemente si usano i CVC. La fistola artero-venosa nativa è l’accesso vascolare più diffuso, si ottiene anastomizzando un’arteria e una vena del avambraccio, che subendo la pressione arteriosa si dilata e si “arterializza”.

Questo confezionamento impiega quasi un mese per maturare in FAV, dopodiché possono essere punte da due aghi di grossi calibri che consentono i flussi di uscita e i flussi di entrata del sangue del paziente, necessario per eseguire la dialisi.

La fistola artero-venosa protesica consiste nell’applicazione di una cannula tra un’arteria e una vena nel braccio, nella parete toracica (tra vena e arteria ascellare) o in un arto inferiore (tra arteria e vena femorale).

Le complicanze da FAV sono:

  • le infezioni,
  • le trombosi,
  • le sepsi e gli emboli settici,
  • l’endocardite associate a infezioni dell’accesso vascolare.

Quanto dura una seduta di dialisi?

I pazienti con insufficienza renale sottoposti a dialisi possono suddividere in circa due o tre sedute fino a dodici ore di emodialisi alla settimana. Ogni seduta ha una durata di circa 3-4 ore e varia in base al bisogno del paziente, della sua massa corporea, del suo grado di catabolismo, la sua alimentazione e dell’efficacia del trattamento, oltre alla presenza o meno di una diuresi residua.

Possono anche essere modificati i tempi di dialisi cambiando i filtri, la composizione del liquido di dialisi e i flussi del sangue del paziente e del dializzato. Definire una durata esatta per seduta è impossibile in quanto ogni paziente potrà avere bisogni diversi ad ogni trattamento.

Quali sono le tecniche di dialisi?

Esistono diverse tecniche di dialisi, e ognuno può sfruttare un singolo principio fisico come nel caso dell’ultrafiltrazione o essere combinarli tra di loro:

  • Emodialisi standard o ED
  • Emofiltrazione in pre/post diluizione o HF
  • Emodiafiltrazione o HDF
  • Emodiafiltrazione On Line o HDF On Line
  • Acetate-Free Biofiltration o AFB
  • Paired Filtration Dialysis o PFD
  • Emofiltrazione on-line con reinfusione endogena o HFR

Quali sono le complicanze e gli effetti collaterali della dialisi?

Un’attenta valutazione e tempestivi interventi delle complicanze e degli effetti collaterali della dialisi, sono una responsabilità del personale sanitario, medico e infermieristico, del reparto. I più comuni effetti collaterali della dialisi, che possono essere avvertiti anche al di fuori della seduta, sono:

  • nausea e vomito
  • cefalea
  • prurito generalizzato
  • astenia, stanchezza e spossatezza
  • anemia
  • dolori diffusi o localizzati
  • disagio agli arti inferiori
  • ipertensione.

Una meticolosa assistenza durante la seduta può migliorare lo stato di salute del paziente, il comfort e in generale lo stato di qualità della vita, quando non salvare la vita del paziente.

Purtroppo però, per quanto potranno essere bravi gli infermieri e i medici, complicazioni ed effetti collaterali potrebbero presentarsi ad ogni momento. Nella totalità dei casi il personale infermieristico sarà in grado di rispondere professionalmente con manovre adeguate, e che portino a una risoluzione della situazione per la quale l’infermiere è ritenuto professione centrale nella conduzione e gestione della seduta emodialitica. Quindi nessuna paura, siamo in buone mani.

Infatti, ogni complicanza della dialisi si presenta di solito con una certa frequenza e quindi prevedibilità durante la seduta, l’infermiere è in grado di riconoscere i segni e sintomi di ogni effetto collaterale. Qui di seguito le possibili complicazioni della dialisi e come verranno risolte dai sanitari:

Sindrome da squilibrio dialitico

Si presenta frequentemente durante le prime sedute, la sintomatologia è variabile, nausea, vomito e cefalea, crisi convulsive, tremori muscolari e crampi, sonnolenza, irrequietezza e disorientamento, ipertensione o ipotensione, persino il coma. Sintomi che si manifestano per la deplezione dei volumi e all’alterata osmolarità extracellulare. In generale si previene effettuando almeno per le prime sedute una depurazione lenta e più “dolce” con soluzioni con alte concentrazioni di sodio e iperosmotiche, ed un attenta valutazione ed osservazione delle risposte alla seduta.

Ipotensione arteriosa

È la più frequente complicanza, è dovuto a una troppa rapida o eccessiva deplezione di volume e un inadeguato adattamento del letto vascolare alla riduzione della volemia, oppure una temperatura del liquido non compresa tra i 36° e i 37° C, e ancora una composizione del dializzato non conforme al bisogno clinico del paziente.

I sintomi che dovremmo osservare sono la comparsa di sbadigli, se ripetuti allertano il personale, crampi, nausea e vomito, sudorazione fredda, e i segni di diminuzione del flusso ematico al cervello come l’offuscamento e le convulsioni. L’ipotensione si tratta con diversi aspetti: intanto si deve essenzialmente ridurre o azzerare l’ultrafiltrazione, la pompa e quindi il flusso ematico, somministrazioni di liquidi, cloruro di sodio o glucosio 33% a prescrizione del medico e fino a scomparsa del sintomo, poi si effettua un posizionamento in Trendelenburg o in caso sollevare le gambe.

Consigliare al paziente di mangiare adeguato tempo prima della seduta di dialisi e non a ridosso del trattamento, per evitare che il consistente richiamo di sangue dalla periferia all’apparato digerente possa collaborare ad una crisi ipotensiva.

Emorragia

Il paziente uremico ha un aumentato rischio emorragico per diversi aspetti, sia clinici come le alterazioni dell’emostasi in cui il paziente presenta una tendenza al sanguinamento favorita anche da una parallela alterazione della funzione piastrinica e dall’uso di eparina, e le formazioni di ulcere sanguinante tipiche della gastroenterite uremica, sia tecnici come le rare ma possibili rotture del filtro o delle linee, e le meno rare sconnessioni accidentali degli aghi dalle FAV.

Riassumendo le possibili emorragie si dividono in interne e in esterne. I segni sono più evidenti nelle emorragie esterne in cui si nota il sanguinamento controllando tutto il percorso del sangue dall’accesso vascolare alle linee, alle note del monitor, verificando l’integrità del filtro, le linee di ritorno e le eventuali medicazioni. Le emorragie interne invece sono più subdole, i sintomi sono quelli dell’ipotensione; più evidenti invece ematemesi, emoftoe, melena.

Nel caso di emorragie il medico e l’infermiere valuteranno secondo gravità l’intervento più idoneo, nei casi di rotture delle linee l’infermiere blocca l’infusione dell’eparina e la pompa, clampa la linea e la sostituisce. Invece nei casi più gravi di emorragie l’infermiere insieme al medico risponderà secondo le procedure più idonee.

Crampi

In genere si manifestano agli arti inferiori come contratture dolorose e improvvise dei muscoli del polpaccio. Si presentano come muscoli induriti alla palpazione. Sono provocate da ultrafiltrazione elevata che aumenta la vischiosità del sangue e quindi diminuisce l’ossigenazione del sangue e/o da basse concentrazioni di Sodio nel dializzato che sequestrano sali minerali, i cui effetti si riversano sulle fibre muscolari impendendone l’estensione.

L’infermiere può eseguire manipolazioni di allungamento dei muscoli antagonisti lentamente ma in maniera decisa, reintegrare somministrando liquidi o soluzioni di cloruro di sodio, somministrare miorilassanti se prescritti. Per pazienti che presentano spesso crampi e le cui cause sono dovuto a problemi circolatori l’ infermiere può educare ed addestrare il paziente anche ad effettuare trattamenti idroterapici come i bagni caldi e freddi alternati e delle frizioni fredde ogni giorno. Effettuare massaggi non solo al punto di dolore ma in tutto l’arto.

Aritmia

E’ dovuta ad alterazioni ematiche degli elettroliti o a causa di farmaci digitali non eliminati né dalla funzione renale né dalla dialisi che tendono ad accumularsi. Il trattamento dell’aritmia è di controllare ed eventualmente integrare i valori di potassio nel bagno dialitico o di verificare la possibilità di un regime terapeutico farmacologico anti-aritmico. Oltre a questo in genere si provvede ad effettuare tutti i controlli del caso per possibili evenienze cardiologiche, soprattutto se si sovrappone una sintomatologia anginosa.

Ipertensione arteriosa

Dovuta a una mancata o inadeguata ultrafiltrazione, o a rapida infusione di liquidi come nel caso della restituzione a fine trattamento, il personale attuerà un controllo di effettuata ultrafiltrazione per verificare se è stato raggiunto il peso secco del paziente.

Reazione da ipersensibilità

Può capitare che nonostante l’alta biocompatibilità dei materiali usati per le linee ematiche e per il filtro che l’organismo sviluppi delle reazioni, mediante l’attivazione del complemento o dei leucociti liberando i mediatori flogistici.

La risposta allergica può variare da lieve a grave secondo la biocompatibilità dei materiali e della risposta dell’organismo del paziente (a volte abnorme), da fenomeni di calore, pallore e arrossamento cutaneo a espressioni più evidenziate come prurito, starnuti, orticaria, vomito, dolori toracici, manifestazioni dispnoiche, fino a collasso, arresto cardio-circolatorio e morte.

L’infermiere deve tenere sempre pronte somministrazioni di antistaminici, cortisonici e adrenalina, e mantenere sempre preparato un carrello d’emergenza con supporto cardio-circolatorio.

Emolisi

La pompa meccanica produce una minima emolisi dei globuli rossi con la fuoriuscita del liquido intracellulare. Sostanze usate per disinfettare la macchina possono emolizzare il sangue, così come una temperatura troppo alta del bagno dialitico. Si manifesta con dolore lombare e addominale, malessere generale e formicolii in diverse parti del corpo, pressione alterata, iperpotassemia. Se si presenta verrà interrotta la seduta.

Crisi pirogena

Brividi, cefalea, febbre e ipotensione sono segni e sintomi di una risposta febbrile. In genere verrà interrotta la seduta o ricostituito un nuovo circuito.

Embolia gassosa

E’ l’evenienza più rara grazie ai controlli elettronici della macchina, ma anche la più temibile. E’ la presenza di aria nel circuito, e quindi nel sangue del paziente. La sintomatologia si presenta con tosse stizzosa e dolore toracico, dispnea, cianosi, collasso cardiocircolatorio fino alla morte per embolia massiva.

Al fine di prevenire l’eventualità che si presenti è bene valutare sistematicamente l’integrità del circuito e dei raccordi, mai sottovalutare gli allarmi e non bypassare i sistemi di sicurezza che impone la macchina.. Nel caso si interviene bloccando la macchina, si posiziona il paziente sul fianco sinistro e col capo in declive, effettuare ossigenoterapia, tenere pronto il necessario per effettuare una RCP.

Rottura del filtro

Commistione tra il sangue e il bagno di dialisi dovuto alla rottura a livello del filtro della membrana semimpermeabile. La macchina dall’allarme, ma si può notare anche nel colore rosato del bagno di dialisi all’uscita. L’intervento consiste nel bloccare la pompa, clampare tutte le linee in modo da cercare di recuperare più sangue possibile, e sostituire il prima possibile il filtro con uno nuovo. Per prevenire è utile verificare l’integrità del filtro.

Autore: Dario Tobruk 

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Fonte:

  • “Dialisi peritoneale: responsabilità infermieristica nell’assistenza del paziente in trattamento in dialisi peritoneale”. Tesi di laurea di Dario Tobruk, Università degli Studi di Messina, 2011.
  • “Emodialisi e Dialisi Peritoneale” di Gozzini S., Bernardi M., Lotti D., Mugnai., Poggi P., Procaccio P. Mc Graw Hill, 2001.
  • Bosatta, M. (2016). Le fistole artero-venose protesiche: focus infermieristici. Giornale Di Clinica Nefrologica E Dialisi28(4), 271–274. https://doi.org/10.33393/gcnd.2016.734

 

Dario Tobruk

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