“Gli infermieri vanno in pensione prima pur di uscire dagli ospedali”

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Arriva dalla Lombardia una nuova denuncia del sindacato di categoria Nursind, che fa riflettere non poco circa le condizioni lavorative che si registrano quotidianamente negli ospedali italiani a causa della carenza di personale. E ciò avviene in concomitanza del concorso pubblico per due posti da infermiere a tempo indeterminato per l’Asst Monza, le cui prove si svolgeranno oggi (15 giugno) e domani al Palazzetto dello Sport di Desio e per cui sono in corsa 1000 candidati.

Bisogna assumere infermieri

Servono infermieri ma le direzioni non se ne rendono contotuona il coordinatore regionale e componente della direzione nazionale del sindacato Donato Cosi. “Abbiamo le ferie da smaltire, i reparti che come ogni anno vengono riorganizzati con la chiusura di alcuni servizi, e poi per tutta l’estate gli infermieri saranno impegnati nella campagna vaccinale”.

La carenza cronica di infermieri, quindi, non ha mai smesso di essere insostenibile. E ciò da molto prima della pandemia. Il bello è che parliamo di Monza, in Lombardia, regione da sempre considerata virtuosa in ambito sanitario e un esempio da seguire per tante realtà italiane. Ovviamente il virus l’ha messa in ginocchio, evidenziando come anche all’ombra del Pirellone vi fossero delle terribili lacune, ma… Giunti al termine della terza ondata, con tanto tempo per riorganizzarsi e per correre ai ripari, cosa è davvero cambiato?

In molti vanno in pensione senza aver raggiunto l’età

Poco o nulla, secondo Nursind. Gli infermieri hanno ricevuto molti ‘grazie’, un mare di stucchevoli manifestazioni di stima e affetto, tante (troppe) accorate promesse, ma di riconoscimenti veri e tangibili… Ancora non vi è neanche l’ombra. E la categoria ne esce, ancora una volta, provata e demotivata: “Gli infermieri lombardi sono più stanchi e in molti hanno deciso di andare in pensione pur non avendo raggiunto l’età. Meglio accedere alle finestre di Quota 100 e di Opzione Donna consci di perdere una fetta non indifferente di pensione, piuttosto che continuare a lavorare negli ospedali” ha dichiarato Cosi.

 “Sembra che la pandemia non abbia insegnato nulla. Non c’è stato un piano serio di assunzioni a tempo indeterminato. La pandemia ha fortemente toccato la psiche e il fisico degli infermieri che da febbraio 2020 combattono in corsia. Ci sono molti colleghi e molte colleghe che non hanno retto e anche se avrebbero dovuto lavorare ancora per alcuni anni prima di raggiungere l’età pensionabile hanno preferito terminare prima. Perdendo fino al 30% dello stipendio”.

‘I direttori calcolano il fabbisogno di personale in modo obsoleto’

“I direttori non lo hanno capito neppure con la pandemia. Continuano ad attuare una modalità di lavoro introdotta dalla Regione che calcola in modo obsoleto, anacronistico, scellerato e pericoloso il fabbisogno infermieristico all’interno degli ospedali. Un calcolo vecchio di oltre vent’anni e che prevede l’organizzazione del lavoro e del personale in corsia in base a quei 120 minuti che nell’arco delle 24 ore devono essere destinati all’assistenza del singolo paziente. Un calcolo ormai superato e ben al di sotto del reale bisogno del malato che, rispetto al passato, presenta una serie di patologie maggiori e più complesse che necessitano un numero maggiore di forze in campo”.

‘L’infermiere di famiglia doveva essere una priorità’

“Anche in tema di infermieri di famiglia e di attenzione alla sanità territoriale hanno solo fatto tanti annunci. Ma nulla sul territorio. L’infermiere di famiglia doveva essere una priorità, a Monza sono due. Una situazione diffusa, purtroppo, anche nelle altre province lombarde. Su una popolazione cronica ben più ampia che, alla fine, in caso di necessità va come sempre ad ingolfare il Pronto soccorso”.

Autore: Alessio Biondino

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