Intervista a Mattia: partito per l’estero come infermiere, oggi è un imprenditore di successo

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Un infermiere che va via da casa e dal proprio paese alla ricerca di prospettive di lavoro degne di tale nome e che… Si ritrova a coglierle a pieno, crescendo e affermandosi in diversi contesti. È la storia di Mattia Ventura, 30 anni, originario di Acquarica del Capo (Lecce), ma da anni residente in UK, che ha mollato l’infermieristica per fare l’imprenditore. Il motivo? “Per poter aspirare ad un riconoscimento sociale ed economico maggiore”. Lo abbiamo intervistato per saperne di più.

Si è laureato in infermieristica, poi però la sua vita ha preso una piega diversa. Per quale motivo, allora, scelse di diventare un professionista dell’assistenza? Ci parli del suo percorso fino alla… Partenza.

Mi sono laureato in Infermieristica all’Università di Bologna nel Novembre 2012. Ma onestamente, se me lo avessero chiesto qualche anno prima, ammetto che non avrei mai pensato in vita mia di diventare un infermiere. Non sapevo quale fosse esattamente il suo ruolo all’interno dell’ospedale e non avevo una minima idea a cosa sarei andato incontro.

Tuttavia, Il mondo sanitario mi ha sempre affascinato: essere uno dei protagonisti nella cura del paziente è un privilegio, lo sapevo anche allora, solo che a quei tempi ancora non la sentivo una cosa vicina a me. Il mio primo obiettivo era quello di diventare fisioterapista. Avendo giocato a calcio a buoni livelli durante la mia adolescenza, vedevo il ruolo del fisioterapista come un’opportunità per lavorare in una società sportiva. 

Cosi feci i test per fisioterapia a Bologna, ma non fu preso. Studiai un anno scienze biologiche, ma non faceva assolutamente per me. Riprovai i test per professioni sanitarie l’anno successivo. Non volevo rischiare di non essere ammesso a fisioterapia, cosi misi come prima scelta infermieristica. Passai i test e cominciai gli studi all’Università di Bologna. 

Come accennavo prima, non conoscevo esattamente il ruolo dell’infermiere. Ma quando feci il mio primo tirocinio all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna rimasi affascinato dalla professionalità dei colleghi e dell’impatto positivo che avevano sui pazienti. Cosi decisi di continuare il percorso di studi con entusiasmo.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

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A un certo punto ha deciso di fare le valigie e di partire in Erasmus alla volta della Spagna. Da quel momento in poi la sua carriera è decollata e si è un tantino trasformata. Ci racconti di questa sua evoluzione professionale.

L’Erasmus in Spagna fu un’esperienza che cambiò il mio modo di approcciarmi non solo alla professione infermieristica, ma a confrontarmi con me stesso e con le mie capacità.  

Durante il terzo anno di infermieristica, i mesi di tirocinio da completare erano 6 e 3 dei quali potevano essere fatti all’estero.

Feci domanda all’Università di Alicante e vinsi il posto per partecipare.  Tre mesi non sono tanti se si pensa che bisogna inserirsi in un contesto diverso da quello italiano, con una lingua diversa e adattarsi alla professione infermieristica spagnola. 

L’adattamento non fu per niente difficile: la tutor che mi accolse fu gentile e comprensiva, l’università di Alicante mi aiutò con le pratiche burocratiche e i colleghi infermieri in ospedale mi supportavano. Imparai lo spagnolo sul campo (modo migliore per imparare una nuova lingua) e nel giro di tre mesi sapevo capire e comunicare con i pazienti in reparto.

Imparai tanto da quell’esperienza: conoscere nuove realtà, mettersi in gioco e capire che le opportunità si creano e vanno cercate. Presi più fiducia in me stesso e l’Erasmus fu solo il punto di partenza per intraprendere la mia carriera infermieristica all’estero.

Qual’è il primo motivo che le viene in mente, se uno le domanda: “Perché ha ‘mollato’ l’infermieristica?”

In primis, per poter aspirare ad un riconoscimento sociale ed economico maggiore.

Poi ho sempre desiderato “costruire” qualcosa di mio, come creare un’azienda dove sarei stato libero di prendere le decisioni che piacessero a me e anche per avere (perché no?) un tenore di vita medio alto. 

Pensavo fosse qualcosa di troppo remoto quello di aprire un’attività all’estero, non avendo nessuna esperienza nel campo. Tuttavia quello che mi mancava erano le giuste informazioni che trovai quando cominciai la mia esperienza londinese.

Ha scritto un libro per dare un messaggio di speranza ai giovani che oggi, sempre più spesso, abbandonano i propri sogni. Ci descriva questo suo lavoro.

L’idea del libro “From Nurse to property entrepremneur” nasce dal desiderio di condividere la mia esperienza non solo con altri infermieri o professionisti sanitari, ma anche con coloro che non sono soddisfatti del proprio lavoro e sono alla ricerca di una seconda opzione.

Ho deciso di scrivere il libro in Inglese perché l’obiettivo è quello di raggiungere un’audience internazionale. Racconto della mia carriera infermieristica, da quando cominciai in Italia, passando per la Spagna fino a ricoprire il ruolo di Ward Manager (il nostro caporeparto) in un ospeadale di Londra. Poi il desiderio di avere uno stile di vita più flessibile, di essere il vero padrone del mio tempo e di organizzare la mia vita in base ai miei obiettivi, mi hanno portato a cercare qualcosa di diverso dal lavorare come infermiere. 

Il cambiamento è avvenuto quando decisi di studiare come investire nel mercato immobiliare inglese. Un corso che durò un anno e che mi permise di creare un’altra fonte di guadagno all’infuori dello stipendio come infermiere e soprattutto di approcciarmi a un nuovo modo di percepire l’economia e i mercati. 

In quell’anno lavorai molto sul mio “mindset”, ovvero sull’approccio mentale nell’affrontare difficoltà e problemi, in particolare in un campo, quello immobiliare inglese, di cui ne sapevo pochissimo. Ad ora ho il privilegio di gestire 37 unità immobiliari in East London. 

Il messaggio che voglio trasmettere con il libro è questo: il mondo del lavoro sta cambiando molto velocemente. Così pure l’economia. Se si vuole aspirare a qualcosa di più del semplice stipendio mensile, bisogna rischiare e creare nuove fonti di guadagno che permettano di essere liberi e autonomi. L’immobiliare è da sempre stato un ottimo veicolo per creare ricchezza nelle persone, se fatto in modo intelligente e mirato.

La professione infermieristica mi ha insegnato tanto e mi ha dato tanti strumenti, come capacità comunicativa, problem solving, capacità organizzative, coping con lo stress che ritrovo molto utili nel campo imprenditoriale. 

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Mattia Ventura e il suo libro “From Nurse to property entrepremneur”.
L’evoluzione reale dell’infermieristica italiana, così come il suo riconoscimento economico/sociale, stentano a decollare. Perché? Da dove sarebbe necessario partire, secondo lei, per farne una professione vera e riconosciuta come tale?

Ricordo che gli stessi commenti si facevano 7 anni fa quando ero prossimo alla laurea. Io penso che il riconoscimento di una professione parta dalla consapevolezza del singolo professionista. E per professionista intendo uno che sappia comunicare, che sia costantemente aggiornato per quanto riguarda le più recenti competenze tecniche e teoriche, che sappia “alzare la voce” quando è necessario per difendere la professione e che non perda mai occasione di trasmettere un ‘immagine positiva di sé stesso e della propria categoria all’opinione pubblica. 

L’evoluzione dell’infermieristica italiana stenta a decollare, secondo me, perché ancora manca il coraggio di sentirsi una categoria di professionisti unita e consapevole dell’importanza che il proprio ruolo ha nel sistema sanitario.

Alessio Biondino

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