Paziente non compliante e oppositivo: ecco cosa fare

Dario Tobruk 23/01/20
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Il paziente non compliante e oppositivo è ormai un problema che gli infermieri affrontano più volte al giorno. Sembra che con il tempo questa spiacevole esperienza si ripeta sempre più spesso e che la questione della non compliance infermiere-paziente tenda ad essere ormai un problema indifferibile.

La compliance e i diritti del paziente

Secondo la Treccani con il termine compliance si intende: spirito di collaborazione verso il programma terapeutico e nel caso della terapia farmacologica, la disponibilità del paziente ad assumere la terapia nei tempi, nelle modalità e nelle dosi corrette e prescritte.

Tra il diritto all’autodeterminazione del paziente e i suoi diritti costituzionali, di cui l’art. 32 Costituzione cita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” e il suo precipuo codice deontologico e mandato professionale, l’infermiere si trova a dover continuamente interpretare il volere del paziente e il suo bisogno di cure.

Paziente non compliante e necessità di cure relazionali

Quando tutto questo è portato ai suoi estremi, ecco che ci troviamo di fronte ad un paziente che non si limita ad invocare i suoi diritti ma che, per mille motivi intrinseci ed estrinseci alla sua situazione patologica, sociale, economica e famigliare, rifiuta le cure e i trattamenti che gioverebbero al suo stato di salute.

Un paziente non compliante o oppositivo è un paziente che necessita di cure ulteriori a quelle farmacologiche: le cure relazionali.

Prima della terapia, le cure relazionali

La compliance è, come l’esito della cura, una responsabilità del medico e dell’infermiere. È il risultato della competenza relazionale del professionista sanitario e della sua capacità d’instaurare una collaborazione su più piani: fiducia, comunicazione, relazione, scelta.

La qualità della relazione terapeutica è causa del livello di compliance, e il paziente, seppur non è mai parte passiva del rapporto, dovrà essere coinvolto e invitato a prendersi la sua parte di responsabilità attraverso la proattività dell’infermiere e del medico, inevitabile parte forte della relazione.

Come migliorare la comunicazione con il paziente anziano

La qualità della comunicazione. Alla scoperta dell’anziano in difficoltà

La comunicazione è connaturata all’essere umano. Non si può non comunicare, recita il primo famosissimo assioma di Watzlawick. Siamo composti di comunicazione. Mente e cervello si formano e si caratterizzano in base alle esperienze, vale a dire alle relazioni che viviamo, ai contenuti e alle modalità comunicative che sviluppiamo. Spesso comunichiamo senza sapere effettivamente che cosa stiamo comunicando e come. Ma ciò che esprimiamo negli atteggiamenti, nei comportamenti, nelle parole e nei loro silenzi è il prodotto delle nostre idee, di ciò che pensia- mo di noi stessi, degli altri, dell’ambiente nel quale siamo inseriti e col quale interagiamo. Quale idea abbiamo della vecchiaia, della disabilità, della demenza? Ciò che realmente, profondamente pensiamo dell’età senile – e non solamente ciò che ammettiamo di pensare – influenza l’interazione con gli anziani, sani e malati, autosufficienti o disabili. Si può imparare a comunicare in un modo più appropriato con le persone anziane in difficoltà. È possibile riconoscere il proprio modo di comunicare, anche quello non verbale,  e predisporsi, se necessario, a modificarlo. Si possono apprendere il più correttamente possibile modalità relazionali e comunicative con le persone anziane che presentano problemi mentali e comportamentali, fronteggiare e proporsi in termini più consoni con chi esprime una sofferenza psichica. Una particolare attenzione viene posta sulla comunicazione non verbale, quale registro determinante per comprendere sempre più approfonditamente le espressioni del disagio e cogliere le modalità individuali di tali manifestazioni. Anche i silenzi devono essere ‘ascoltati’ e compresi. LE COLLANE DELL’AREA SOCIALE E SANITÀ > Lavoro di cura e di comunità > I libri di Edizioni Vega > L’infermiere e la sua professione > Esplorazioni > Economia Sociale > Diritto e Management in Sanità     

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Come aumentare la collaborazione di un paziente non compliante o oppositivo

La popolazione più a rischio è quella pediatrica e geriatrica, sia a domicilio che durante l’ospedalizzazione. Le conseguenze di una mancata compliance terapeutica sono numerose:

  • mancata guarigione
  • peggioramento della qualità di vita
  • comorbilità secondaria
  • functio laesa
  • possibili forme di resistenza in caso di antibiotici non assunti adeguatamente
  • Costi socio-economici nella comunità di riferimento e famigliari

Consigli e razionale per aumentare la compliance

Come già detto una delle principali dimensioni in cui il rapporto infermiere-paziente ricostruisce o consolida una compliance efficace è la fiducia. Questo è un sentimento affettivo che induce un senso di tranquillità rispetto a comportamenti o azioni che il paziente riceve.

Età, aspetto fisico e genere del professionista influenzano notevolmente il livello di fiducia che si può instaurare ma è il tono comunicativo il fattore essenziale: ascolto attivo e gentilezza, accompagnata da assertività sono la giusta chiave per raggiungere il risultato.

Strategie per migliorare l’aderenza terapeutica

Il paziente non compliante mostra maggiore collaborazione se le strategie per incrementarle sono combinate e non solo somministrate singolarmente come una checklist da completare serialmente. Un modus operandi, uno state of mind piuttosto che una stanca disposizione aziendale.

Lo psicologo clinico e del lavoro Igor Vitale nel suo blog raggruppa tutte le evidenze e le strategie che hanno in qualche modo portato a dei buoni risultati:

Ad oggi, non esiste un protocollo di gestione valido per tutti i pazienti non complianti, quindi un set di strategie sapientemente utilizzate sono ancora il miglior metodo per incrementare l’aderenza al trattamento e alla terapia.

Eppure, per fare che sia così, è ancora necessario che le aziende scelgano la strada della formazione: necessaria a infermieri e medici per impadronirsi di queste competenze relazionali, con il beneficio dei pazienti, degli operatori e delle cure.

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Fonti:

Dario Tobruk

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