Al mondo mancano sei milioni di infermieri: urgente investire sulla professione
Per garantire una copertura sanitaria universale è necessario formare, remunerare e reclutare almeno 6 milioni di infermieri nel mondo. Per raggiungere quest’obiettivo entro il 2030, secondo l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), il numero totale di infermieri laureati e formati dovrebbe aumentare dell’8% ogni anno.
Inoltre è necessario attuare politiche che mirano ad attirare i giovani a scegliere la professione infermieristica, aumentare la presenza maschile, garantire che questo personale sia assorbito dai sistemi sanitari e spronato a non cambiare professione. Obiettivo difficile da raggiungere visto i recenti sondaggi in cui gli intervistati dichiaravano che preferivano fare gli ambulanti piuttosto che l’infermiere,
Perché mancano infermieri?
La questione più grave è la discrepanza tra lo studio necessario a conseguire la laurea e i vantaggi socio-economici che si ottengono da questi sforzi. Discrepanza di risultati che risulta penosa nei paesi occidentali, deprimente nei paesi in via di sviluppo e nel terzo mondo.
L’educazione infermieristica necessita di percorsi universitari, o comunque di livello avanzato, per un intervallo di tempo di almeno tre anni di formazione. Un enorme investimento di tempo, energie, soldi che crea forti aspettative negli studenti sia dal punto di vista socio-economico, sia da quello personale e professionale.
Aspettative sistematicamente deluse e che creano un racconto negativo attorno alla professione dell’infermiere, non possono che allontanare i giovani più meritevoli verso professioni che promettono maggiori soddisfazioni personali e professionali.
Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo
La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa. Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.
Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore
32.00 € 30.40 €
Quanti infermieri mancano in Italia?
Il rapporto State of the World’s Nursing Report dell’Organizzazione Mondiale della Salute parla di 332.182 infermieri nel 2017, il 47% dei professionisti sanitari totali, con un incremento di 12.000 infermieri ogni anno.
Il Rapporto OASI 2019 di CERGAS-Bocconi parla di 5,6 infermieri per 1.000 abitanti in Italia, contro i 16 mediamente in Nord Europa. Non i peggiori in assoluto, Grecia, Polonia e Spagna registrano numeri più bassi ma sicuramente l’Italia è sotto la media europea.
Di certo non mancano medici: con circa 400 medici ogni 100.000 abitanti, il numero dei medici in Italia in rapporto alla popolazione porta il nostro paese al secondo posto in Europa con 240.000 medici. Il rapporto medici/infermieri resta uno dei più bassi dei paesi OCSE: 1,5. In Italia ogni 3 infermieri ci sono 2 medici, un divario di risorse allocate troppo alto e nettamente al di sopra della media occidentale. Rapporto che si può correggere solo in due modi: o riduci i medici o aumenti gli infermieri.
Come migliorare le cose? 10 proposte dalle Nazioni Unite
- Aumentare gli investimenti nell’educazione infermieristica
- Analisi, raccolta e utilizzo dei dati sulla forza lavoro sanitaria
- La mobilità e la migrazione tra i vari paesi degli infermieri dovrebbero essere gestite in maniera da non sfavorire i paesi esportatori di professionisti
- Inserire all’interno dei programmi di istruzione e formazione infermieristica, strumenti per progredire verso gli obiettivi di una copertura sanitaria universale
- Potenziale la leadership infermieristica e la formazione universitaria utile a questo scopo. L’infermiere non può più essere relegato al solo ruolo di operatore
- Gli infermieri devono partecipare a definire gli obiettivi strategici in termine di salute pubblica nei contesti sanitari in cui lavorano
- Garantire condizioni di lavoro dignitoso per gli infermieri: ambiente favorevole, remunerazione adeguata, benefit per infermieri che operano in ambienti difficili
- Garantire l’equità di genere in tutti i fronti
- Favorire i sistemi burocratici, di riconoscimento delle professionalità acquisite dagli infermieri
- Gli organi istituzionali devono essere coinvolti e con loro i ministeri della sanità e gli altri ministeri competenti (come istruzione, immigrazione, finanza, lavoro). Oltre a tutti gli altri attori interessati dal dialogo pubblico e privato
Autore: Dario Tobruk (Facebook, Twitter)
Fonti:
- State of the World’s Nursing Report – 2020 (World Health Organization)
- OASI 2019 di CERGAS-Bocconi
- Nel mondo mancano sei milioni di infermieri. Le dieci proposte delle Nazioni Unite
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