Epidemiologia delle lesioni cutanee: un’emergenza silenziosa

Dario Tobruk 20/05/25

Indice

Epidemiologia delle lesioni cutanee

Una stima precisa dell’entità del fenomeno e dell’epidemiologia delle lesioni cutanee è ostacolata da numerose barriere metodologiche, tra cui la difficoltà di generalizzare formule basate sui dati pubblicati e sintetizzare delle informazioni perfettamente rappresentative.

Gli studi infatti, mostrano una grande variabilità nella prevalenza e incidenza delle lesioni cutanee, che siano lesioni da pressione, vascolari o di altra natura, in quanto fortemente influenzata da molteplici fattori:

  • il paese di riferimento,
  • il setting assistenziale,
  • la fascia d’età,
  • la presenza di comorbidità;
  • la qualità metodologica degli studi stessi;
  • e numerosi altri elementi.

Questa eterogeneità rende complesso il confronto tra gli studi e sottolinea la necessità di approcci metodologici più standardizzati per ottenere dati affidabili e realmente rappresentativi del fenomeno. Pertanto riuscire ad estrarre dei dati è stato molto complicato ma siamo riusciti ad avere dei dati attendibili e supportati da fonti riconosciute e validate.

Oltre a ciò, quando si parla di lesioni cutanee si pensa di solito soltanto alle lesioni da pressione, o anche chiamate “piaghe da decubito” (qui l’articolo con i termini corretti da utilizzare), ma purtroppo non esistono solo queste ulcere ad ammorbare i nostri poveri pazienti, tra le cronicità cutanee abbiamo anche lesioni vascolari, diabetiche e di origine traumatica.

Le lesioni cutanee infatti possono presentare diverse cause, spesso concomitanti, che pertanto richiedono un approccio integrato tra vari specialisti e operatori (come nel caso di una lesione sacrale in un paziente diabetico, o una lesione da pressione sul tallone in un paziente con arteriopatia obliterante degli arti inferiori.

Considerato che, circa l’1% della popolazione generale, e fino al 3,6% degli over 65, soffrono di lesioni cutanee (di varia natura) agli arti inferiori (SIMITU, *), è facile presupporre che non siano soltanto la pressione, la macerazione e l’attrito a impensierire i sanitari coinvolti nella cura delle lesioni cutanee. 

Epidemiologia delle lesioni da pressione

In Italia, le lesioni da pressione (LdP) rappresentano un problema di grande rilevanza sia in ambito ospedaliero che domiciliare, con un impatto particolarmente significativo sulla popolazione anziana e sui pazienti allettati e fragili.

La prevalenza delle LdP varia significativamente in base all’ambiente di vita o di cura e alla presenza di patologie concomitanti. Diversi studi epidemiologici internazionali evidenziano che incidenza e prevalenza delle LdP sono influenzate sia da fattori clinici specifici che dal contesto assistenziale in cui si trovano i pazienti.

I dati epidemiologici sulle LdP confermano comunque una continua diffusione del fenomeno all’interno delle strutture sanitarie. Ad esempio, uno studio condotto su 13.081 pazienti in 24 strutture ospedaliere ha rilevato che circa l’11% dei ricoverati ha sviluppato una lesione da pressione. Un’altra ricerca, effettuata in vari reparti di 20 ospedali su un campione di 12.048 pazienti, ha documentato una prevalenza dell’8,6% (Bernabei, *).  Secondo autori italiani, le stime nazionali dovrebbero includere fino a 2.000.000 di pazienti affetti da lesioni cutanee (Marazzi, *). Altri studi di prevalenza condotti sul territorio italiano confermano dati simili, con una percentuale prossima al 19,3% tra i soggetti istituzionalizzati e distribuiti in diversi setting assistenziali (Peghetti, *; Sotomayor, *).

A livello internazionale, diversi studi epidemiologici sulle lesioni da pressione hanno analizzato la prevalenza di lesioni cutanee in vari setting assistenziali negli Stati Uniti.

Un’ampia indagine condotta su 918.621 pazienti ha evidenziato una riduzione del tasso di LdP dal 13,5% nel 2006 al 9,3% nel 2015, segnalando un miglioramento nella prevenzione e nella gestione di queste lesioni nel corso di un decennio.

Tuttavia, nel 2015, la prevalenza di LdP rimaneva tra il 28,8% e il 32,9% nelle strutture di degenza a lungo termine e al 5,4% negli ospedali (VanGilder, *).

In Europa, Vanderwee e colleghi * hanno raccolto dati da cinque nazioni, inclusa l’Italia, analizzando un totale di 5.947 pazienti in 25 ospedali europei. Lo studio ha rilevato una prevalenza media complessiva del 18,1%, con notevoli differenze tra i vari paesi: l’Italia ha registrato un tasso dell’8,3%, mentre la Svezia ha riportato un 22,9%.

Come già osservato, estrapolare dati univoci risulta estremamente complesso, rendendo fondamentale il riferimento a fonti autorevoli, quali associazioni scientifiche, centri di studio e istituzioni a livello nazionale e globale. Se vogliamo restringere lo sguardo al contesto italiano attuale, tra i dati più aggiornati: 

  • Prevalenza: circa 2 milioni di persone sono affette da lesioni cutanee croniche. Le LdP colpiscono circa l’8% dei pazienti ospedalizzati e tra il 15% e il 25% di quelli ricoverati nelle strutture di lungodegenza (SIMITU, 2024).
  • Incidenza: Nei soggetti ospedalizzati di tutte le età, l’incidenza delle LdP varia dal 4% al 9%, aumentando al 10-25% negli anziani (Regione Campania, 2024).
  • Setting specifici: In ambito hospice, uno studio ha rilevato una prevalenza del 22,9% e un’incidenza del 6,7% di LdP (CECRI, 2024).

Come dimostra questo lungo elenco di dati, incidenza e prevalenza e, in definitiva, l’epidemiologia delle lesioni da pressione varia significativamente in base a fattori quali età, contesto assistenziale, condizioni di salute dei pazienti e tipo di struttura sanitaria.

Inoltre, emerge chiaramente la necessità di standardizzare i metodi di raccolta e analisi dei dati epidemiologici per ottenere stime più uniformi e comparabili a livello internazionale. La gestione efficace delle lesioni da pressione richiede strategie preventive personalizzate e un’attenta valutazione del rischio nei diversi setting assistenziali.

Ad oggi, l’unico strumento realmente efficace per stimare il rischio di lesioni da pressione e implementare strategie di prevenzione adeguate e l’utilizzo di scale di valutazione validate scientificamente (come la Scala di Braden), integrate con il giudizio clinico del professionista, il solo in grado di riunire tutti questi spunti oggettivi e soggettivi, e determinare le risorse necessarie per interventi mirati di educazione, prevenzione e trattamento delle lesioni cutanee.

Ma sebbene, il giudizio clinico del professionista, rimane ancora la fonte principale di scelta clinica, l’epidemiologia delle lesioni cutanee può ancora venirci in aiuto.

Infatti, secondo diversi studi, anche la posizione della lesione da pressione non è un dato irrilevante, certo non è sufficiente da sola per determinare l’eziologia ed è necessario integrarla con altre informazioni per definire il miglior approccio terapeutico.

Ma nel caso di lesioni da pressione accertate, i dati epidemiologici sulle lesioni da pressione indicano che le sedi più colpite sono, in ordine:

  • il sacro (43%),
  • il grande trocantere (12%),
  • il tallone (11%),
  • le tuberosità ischiatiche (5%)
  • e i malleoli laterali (6%).

Queste percentuali, tuttavia, possono variare in base agli studi di riferimento e ai contesti clinici (Bernabei et al., 2011). Ma le zone esposte a lesioni sono numerose e in gran parte correlate alla posizione assunta.

Epidemiologia delle lesioni diabetiche e del piede diabetico

A pari merito di incidenza e prevalenza, il paziente diabetico è tra i più esposti alla formazione di lesioni cutanee, in particolare alle ulcere del piede diabetico. È noto da anni che la maggior parte delle amputazioni non traumatiche eseguite nel mondo riguarda pazienti affetti da piede diabetico, i quali, nell’85% dei casi, presentavano già ulcere (Rosemary, *).

Il piede diabetico rappresenta una delle complicanze più gravi e diffuse del diabete mellito. Tra le persone a cui è stata diagnosticata questa malattia, la prevalenza delle ulcere del piede si colloca tra il 4% e il 10%, mentre l’incidenza annuale nella popolazione diabetica varia dall’1,0% al 4,1%. Ancora più significativa è l’incidenza nel corso della vita, che può arrivare fino al 25% (Singh, 2005 ; Lavery, 2003).

Le ulcere diabetiche, frequentemente soggette a infezioni, sono associate a elevata morbilità, impattano fortemente sulla qualità della vita e rappresentano una delle principali cause di amputazione degli arti inferiori, dal 50 al 70% dei casi (Leone, 2012).

Non a caso, l’associazione più rappresentativa dell’argomento a livello mondiale, l’International Working Group on the Diabetic Foot (IWGDF) stima che ogni 20 secondi nel mondo venga eseguita un’amputazione di un arto inferiore legata al diabete (IWGDF, 2015). Inoltre, il rischio di sviluppare un’ulcera al piede nel corso della vita è stato quantificato attorno al 15%.

Tuttavia, ciò che desta maggiore preoccupazione è la mortalità post-amputazione, che risulta allarmante: si attesta tra il 13% e il 40% a un anno, sale al 35–65% a tre anni, e raggiunge percentuali comprese tra il 39% e l’80% a cinque anni, superando in molti casi la prognosi di numerose neoplasie maligne (Singh, 2005).

Le complicazioni del diabete negli arti inferiori – che includono arteriopatia periferica, neuropatia, ulcerazioni e amputazioni – sono due volte più comuni nei soggetti diabetici rispetto ai non diabetici, e interessano fino al 30% delle persone con diabete di età superiore ai 40 anni (Gregg, 2004).

Le ulcere del piede non solo compromettono la salute fisica, ma comportano anche pesanti ripercussioni emotive, lavorative ed economiche. Per quanto riguarda la distribuzione delle lesioni, secondo le più recenti linee guida dell’IWGDF del 2023, circa il 50% delle ulcere del piede diabetico sono associate a malattia arteriosa periferica, mentre le forme neuropatiche e neuroischemiche costituiscono la restante parte.

La genesi delle lesioni, nella maggior parte dei casi, è riconducibile a traumi minori, calzature inadeguate, deformità plantari, callosità e limitata mobilità articolare. Infine, va sottolineato che solo due terzi delle ulcere tendono a guarire, mentre la restante parte evolve in complicanze che spesso rendono necessaria l’amputazione.

Questo presuppone una particolare attenzione alla prevenzione, e all’eventuale cura a partire dai primi esordi della lesione, in modo da ridurre verticalmente la possibilità che anche il nostro paziente possa essere esposto a questi rischi, considerando che è stato riscontrato che dopo una prima amputazione, i pazienti diabetici hanno il doppio delle probabilità di subire una successiva amputazione rispetto alle persone senza diabete.

Inoltre, i tassi di mortalità dopo un’ulcera del piede diabetico che ha comportato un’amputazione sono elevati, con fino al 70% delle persone che muoiono entro 5 anni dall’amputazione e circa il 50% che muore entro 5 anni dallo sviluppo di un’ulcera del piede diabetico, un numero considerevole visto che una revisione sistematica e una meta-analisi hanno rivelato che la prevalenza delle ulcere del piede diabetico sono del 6,3% a livello globale ( Graves, 2022).

Epidemiologia delle lesioni vascolari

Le ulcere vascolari sono una grave manifestazione clinica delle malattie arteriose e dell’insufficienza venosa cronica. È quest’ultima, tuttavia, ad essere da sola responsabile di circa il 70% di tutte le ulcere degli arti inferiori (Bergqvist, 1999).

Le ulcere vascolari venose sviluppano in condizioni di insufficienza venosa degli arti inferiori e interessano sia il sistema venoso profondo, con un 43% dei casi, sia quello superficiale, con un 28% dei casi, o entrambi per il restante (Marston, 1999).

La prevalenza varia a causa dei diversi metodi di campionamento, dell’età della popolazione e delle definizioni di ulcere venose, ma è stato stimato che queste lesioni croniche colpiscano fino al 3% della popolazione adulta in tutto il mondo, con un aumento fino al 4% nella popolazione di età superiore ai 65 anni. L’ulcerazione venosa degli arti inferiori rappresenta lo stadio più avanzato della malattia venosa cronica ed è tra le dieci cause più comuni di richiesta di assistenza medica nei Paesi occidentali (Abbade, 2011).

Per quanto riguarda le lesioni arteriose, anche se i dati in letteratura sono discordanti, gli studi confermano che in caso di ulcera vascolare circa il 50-70% riconosce un’eziologia venosa, e si stima che solo il 4-10% abbia un’eziologia esclusivamente arteriosa, mentre il 10-15% un’eziologia mista, ovvero caratterizzata dalla presenza di entrambe le condizioni cliniche (Bonham, 2016).

A livello nazionale, uno studio condotto dall’Associazione Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee (AISLeC) nel 2002 su 2665 pazienti ha riportato una prevalenza di ulcere agli arti inferiori del 20%, di cui il 45% di origine venosa, il 12% arteriosa, il 24% mista e il 13% di cause diverse (Bellingeri, 2002).

Le fonti sull’epidemiologia delle lesioni cutanee

  1. Singh N, Armstrong DG, Lipsky BA. Preventing foot ulcers in patients with diabetes. JAMA. 2005 Jan 12;293(2):217-28. doi: 10.1001/jama.293.2.217. PMID: 15644549.
  2. Lavery LA, Armstrong DG, Wunderlich RP, Tredwell J, Boulton AJ. Diabetic foot syndrome: evaluating the prevalence and incidence of foot pathology in Mexican Americans and non-Hispanic whites from a diabetes disease management cohort. Diabetes Care. 2003 May;26(5):1435-8. doi: 10.2337/diacare.26.5.1435. PMID: 12716801.
  3. Leone S, Pascale R, Vitale M, Esposito S. Epidemiologia del piede diabetico [Epidemiology of diabetic foot]. Infez Med. 2012;20 Suppl 1:8-13. Italian. PMID: 22982692. [Link]
  4. IWGDF (s.d.). Introduction to the work of IWGDF Guidelines. iwgdfguidelines.org/introduction/
  5. Bakker K, Apelqvist J, Lipsky BA, Van Netten JJ; International Working Group on the Diabetic Foot. The 2015 IWGDF guidance documents on prevention and management of foot problems in diabetes: development of an evidence-based global consensus. Diabetes Metab Res Rev. 2016 Jan;32 Suppl 1:2-6. doi: 10.1002/dmrr.2694. PMID: 26409930.
  6. Gregg EW, Sorlie P, Paulose-Ram R, Gu Q, Eberhardt MS, Wolz M, Burt V, Curtin L, Engelgau M, Geiss L; 1999-2000 national health and nutrition examination survey. Prevalence of lower-extremity disease in the US adult population >=40 years of age with and without diabetes: 1999-2000 national health and nutrition examination survey. Diabetes Care. 2004 Jul;27(7):1591-7. doi: 10.2337/diacare.27.7.1591. PMID: 15220233.
  7. Senneville É, Albalawi Z, van Asten SA, Abbas ZG, Allison G, Aragón-Sánchez J, Embil JM, Lavery LA, Alhasan M, Oz O, Uçkay I, Urbančič-Rovan V, Xu ZR, Peters EJG. IWGDF/IDSA guidelines on the diagnosis and treatment of diabetes-related foot infections. International Working Group on the Diabetic Foot (IWGDF/IDSA 2023). Diabetes Metab Res Rev. 2024 Mar;40(3):e3687. doi: 10.1002/dmrr.3687. Epub 2023 Oct 1. PMID: 37779323.
  8. Graves N, Phillips CJ, Harding K. A narrative review of the epidemiology and economics of chronic wounds. Br J Dermatol. 2022 Aug;187(2):141-148. doi: 10.1111/bjd.20692. Epub 2021 Sep 21. PMID: 34549421.
  9. Bergqvist D, Lindholm C, Nelzén O. Chronic leg ulcers: the impact of venous disease. J Vasc Surg. 1999 Apr;29(4):752-5. doi: 10.1016/s0741-5214(99)70330-7. PMID: 10194512.
  10. Marston WA, Carlin RE, Passman MA, Farber MA, Keagy BA. Healing rates and cost efficacy of outpatient compression treatment for leg ulcers associated with venous insufficiency. J Vasc Surg. 1999 Sep;30(3):491-8. doi: 10.1016/s0741-5214(99)70076-5. PMID: 10477642.
  11. Abbade LP, Lastória S, Rollo Hde A. Venous ulcer: clinical characteristics and risk factors. Int J Dermatol. 2011 Apr;50(4):405-11. doi:0.1111/j.1365-4632.2010.04654.x. PMID: 21413949.
  12. Bonham PA, Flemister BG, Droste LR, Johnson JJ, Kelechi T, Ratliff CR, Varnado MF. (2016) 2014 Guideline for Management of Wounds in Patients With Lower-Extremity Arterial Disease (LEAD): An Executive Summary. J Wound Ostomy Continence Nurs. 43(1):23-31. [Link]
  13. Bellingeri, A., Paggi, B., Bonelli, S., Bergognoni, M., Calosso, A., & Deriu, P. (2002). Wound management in home care in Italy. Ewna Journal, 2(1), 27-30. [link: https://www.researchgate.net/publication/215504705_Wound_Management_in_home_care_in_Italy]

Dario Tobruk

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento