“Se fossimo davvero eroi”… Riflessioni sul 12 Maggio

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Dal 1965, la Giornata Internazionale dell’Infermiere è un’occasione per parlare di noi. Per far parlare di noi. Per valorizzare il contributo che, chi svolge questa professione, dà alla società. Ed è per questo che oggi, 12 maggio, non possiamo esimerci dal fare qualche riflessione, facendo una sorta di punto della situazione su chi sono gli infermieri oggi.

Da salvatori del Paese al dimenticatoio

Professionisti laureati, dice la legge. Protagonisti della pandemia globale, dicono molti cittadini. Addirittura eroi, dicevano altri, forse esagerando o forse… No. Di certo, il significato del termine ‘eroe’, ovvero “Chi, in imprese guerresche o di altro genere, dà prova di grande valore e coraggio affrontando gravi pericoli e compiendo azioni straordinarie(Treccani) si presta non poco a descrivere la realtà che molti infermieri si sono ritrovati a combattere nelle corsie ospedaliere e nel territorio a causa della Covid-19.

Eppure noi infermieri non ci definiamo affatto tali e, anzi, spesso ci sentiamo irritati da questa esagerata definizione. E ciò non è perché siamo atavicamente depressi, antipatici o scontenti a prescindere di ciò che di può bello possa ricevere un lavoratore della sanità: la riconoscenza dei pazienti.

Bensì, perché sapevamo bene che questo periodo sarebbe presto finito e che, ancora una volta, saremmo rimasti con un pugno di mosche in mano. Perché riconoscenza, purtroppo, non è affatto sinonimo di riconoscimento. Perché la memoria in questo paese è sempre stata corta. E, come volevasi dimostrare, da salvatori del Paese noi infermieri stiamo di nuovo tornando, col regredire della pandemia, nel più assoluto dimenticatoio.

Se fossimo davvero eroi…

Si è infatti passati da una situazione in cui arrivavano regali, abbracci social, continue richieste di interviste da parte dei giornalisti, post e lettere strappalacrime, al rischio di trovare l’automobile rigata o col vetro rotto a fine turno. Si è tornati a prendere le botte da parte dei parenti dei pazienti (VEDI il caso di Locri, dove un infermiere è stato quasi strangolato perché provava a far rispettare le norme anti-Covid).

Altro che eroi! Se fossimo davvero eroi saremmo sempre tutelati e rispettati da media, cittadini e istituzioni. Se fossimo davvero eroi, oltre a un francobollo (VEDI) e a una onorabile candidatura al Nobel per la Pace 2021, riceveremmo in fretta e in furia una rivalutazione economica e un adeguamento contrattuale.

Se fossimo davvero eroi, i giovani farebbero a gara per iscriversi ai corsi di laurea in Infermieristica; e invece vi è una carenza stimata in 50.000 – 70.000 infermieri, il che dà la matematica certezza che la professione sia decisamente poco appetibile. Quindi, se l’obiettivo è davvero quello di farci sentire seriamente degli ‘eroi’ o qualcosa di simile… C’è ancora molto da lavorare.

Aspettiamo fiduciosi dei riconoscimenti veri

Noi infermieri italiani siamo stati i primi nel mondo occidentale a dover fronteggiare l’emergenza sanitaria, fungendo anche da esempio per gli altri paesi che hanno dovuto scontrarsi col Coronavirus in un secondo tempo. E noi infermieri italiani siamo praticamente la metà di quelli di Spagna, Francia e Gran Bretagna!

Ma abbiamo dimostrato, con abnegazione, spirito di sacrificio e di appartenenza alla categoria, corroborati da salti mortali e turni massacranti, di essere in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e di fronteggiare l’incubo pandemico con un livello di efficienza elevatissimo. Nonostante tutto.

Perciò aspettiamo, ancora, fiduciosi.

Perciò… Viva gli infermieri.

Autore: Alessio Biondino

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