I robot sanitari sostituiranno gli infermieri? Vediamo…
L’intelligenza artificiale e gli automi renderanno obsoleti decine di mestieri in vari campi e in settori che non ci aspetteremo: dai lavoratori poco qualificati agli impiegati, senza escludere in un futuro solo un po’ più lontano, anche i lavori creativi e intellettuali. Nessuno sembra perennemente al sicuro dalla disoccupazione tecnologica.
Cosa dicono gli esperti sulla disoccupazione tecnologica?
Le stime e le previsioni sono diverse l’una dall’altra ma tutte predicono gravi perdite di lavori in diversi settori.
Gli accademici dell’Università di Oxford (Benedikt, Osborne) prevedono che metà dei lavori saranno superflui e obsoleti entro i prossimi due decenni, (1). In questa lista, medici e infermieri sono all’interno dei primi cinquanta lavori con meno probabilità di essere sostituiti, almeno a breve.
Al contrario, Vinod Khosla, fondatore dell’impero Sun Microsystems – azienda che produce semiconduttori e linguaggi software (Java) – suppone che l’80% dei medici sarà sostituita da macchine ad apprendimento automatico, in grado di fornire diagnosi attraverso software (2). Ovviamente quest’ultima è solo l’opinione di un esperto (in informatica, non in assistenza sanitaria).
I robot sanitari aiutano gli infermieri nei reparti ma non possono (ancora) sostituirli
In base ai primi studi, ad oggi, è davvero rara la possibilità di essere sostituiti da macchine e IA. Tutti i prototipi più avanzati di “infermieri-robot” in realtà hanno un livello operativo comparabile ad un addetto ausiliario di prima esperienza. Come si sente nel video dell’ennesimo robot sanitario rodato tra le corsie, le infermiere che collaborano con gli ingegneri si riferiscono all’automa come “nurse assistent” equivalente anglossasone dell’operatore socio-sanitario in Italia e anche in questo caso la comparazione risulta forzata, visto comunque l’alto livello dei nostri OSS.
È pur vero che con le tecnologie di apprendimento automatico e machine learning, questi robot sanitari affineranno le loro competenze con il tempo (come fanno gli umani) ma per quanto questa curva d’apprendimento possa essere esponenziale, le abilità fisiche e cognitive di un infermiere esperto sono, al momento, irraggiungibili per un automa.
Dall’intelligenza artificiale all’intelligenza umana
Si parla molto dell’intelligenza delle macchine che, presto, dovrebbe superare l’intelligenza umana. Tutto bene, ma, tanto per partire con il piede giusto, sappiamo veramente cosa sia l’intelligenza, e come misurarla, nelle sue varie forme (umani, animali, macchine), sia come individui sia come collettività? Forse sì, ma soltanto se saremo in grado di ripartire, ex-novo, dall’intelligenza umana. Si discute in molte sedi di algoritmi, big data, Internet of Things, robot, lavoro. Se non vogliamo che questi automatismi influenzino la nostra vita passivamente, siamo pronti a misurarci con loro? Vogliamo essere protagonisti o vittime di questa veloce trasformazione? Lo scopo di questo libro è ambizioso; pensiamo di poter contribuire a discutere, approfondire, condividere e vedere in una nuova luce i problemi legati a questa trasformazione e a una complessa materia: l’intelligenza. Ma l’ambizione più grande sarebbe quella di generare un interesse che consenta d’innescare quei cambiamenti significativi nei comportamenti, nei consumi e nelle tendenze, al punto da poter influenzare decisioni legislative, grandi industrie, monopoli finanziari ed economici, fino a portare quell’apporto necessario ad ogni impresa per un’organizzazione che porti profitto, migliori la produzione e in- crementi lo sviluppo economico e sociale del Sistema Paese.Sebastiano Bagnara Docente di Human Factor presso l’Università degli Studi della Repubblica di San Marino. Preside della Facoltà di Psicologia dell’Università Telematica Internazionale UninettunoAndrea Cara Studente di Filosofia presso l’Università di Bologna. Co-fondatore del Centro di Ricerca Europeo per l’Innovazione SostenibileDaniela Carlucci Docente di Economia Applicata all’Ingegneria presso l’Università degli Studi della BasilicataStefano Andrea Gazziano Docente di Computer Science presso la John Cabot UniversityFrancesca Jacobone Docente di Economia dei Sistemi Produttivi e di Complementi di Economia dei Sistemi Produttivi presso l’Università degli Studi Roma TreDonato Morea Docente di Economia Applicata all’Ingegneria presso l’Università degli Studi di Roma Tor Ver- gataAndrea Pitasi Docente di Sociologia Giuridica e di Illegalità e Devianza del Comportamento Manageriale presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-PescaraSimone Pozzi Docente di Human Factor presso l’Università degli Studi della Repubblica di San MarinoMassimiliano Ruzzeddu Docente di Problemi Sociali e Modelli Teorici presso l’Università Niccolò Cusano – Telematica RomaFrancesco Santarsiero Collaboratore presso l’Università degli Studi della BasilicataGiovanni Schiuma Docente di Human Resources and Organization Dynamics in Tourism e di Innovation in Services presso l’Università degli Studi della BasilicataGilberto Tonali Matematico, esperto in Workgroup e Collaborati- ve Computing e studioso di Intelligenza Artificiale
Autori Vari | 2018 Maggioli Editore
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Conclusioni: L’infermiere non è (ancora) sostituibile.
Allo stato dell’arte della tecnologia moderna, confrontato il livello medio dell’automazione e dell’intelligenza artificiale con la complessità del lavoro infermieristico, non abbiamo alcun timore nel concludere con una sentenza inappellabile:
“I robot aiuteranno gli infermieri nei reparti ma non possono (ancora) sostituirli”
L’aspetto non trascurabile, spesso non considerato, dagli esperti informatici e ingegneri e l’alto livello di complessità in cui l’infermiere si muove durante l’assistenza infermieristica.
Dove sbagliano gli ingegneri
Considerando l’assistenza infermieristica come singoli interventi infermieristici, somministrati uno alla volta, è facile supporre la possibilità di sostituire questa attività, anzi di sostituire, finalmente, questi maledetti e costosi infermieri.
La realtà nei fatti è più complessa: l’infermiere nel suo agire non è un mero “prestatore d’opera e interventi” ma un agente attivo che valuta e decide del suo contributo, nel contesto in cui lo svolge (Orem).
L’infermiere sarà minacciato da un robot sanitario quando sarà capace almeno di:
- comprendere quando è il momento giusto di eseguire un intervento.
- Scegliere quale siano le priorità di assistenza.
- Decidere quale emozione deve accompagnare il singolo intervento (ferma sicurezza con il paziente spaventato, goliardia con il paziente burlone, supportivo con il paziente non compliante, ecc…).
- Rispondere al bisogno del paziente ansioso non con una semplice informazione ma con una risposta empatica ed umana (qualunque cosa voglia dire).
- ecc…
Inoltre non ancora risolta la questione legale di chi si debba prendere in carico la responsabilità in caso di incidenti provocati dalla macchina: l’azienda, la ditta produttrice o il sanitario infermiere che a breve sarà sostituito?
Occhio clinico, creatività, empatia, previdenza, manualità, per quanto sofisticato possa essere un robot non può avere queste fondamentali capacità peculiari degli uomini, allo stato dell’arte.
Cosa faranno allora i robot nelle corsie? Ci aiuteranno!
Le belle notizie però non si fermano qui, se l’infermiere non è sostituibile vuol dire che può essere aiutato. Robot, automi, software e intelligenza artificiale ci assisteranno e aiuteranno nel nostro lavoro, sollevandoci da incombenze di basso livello o che richiedono tempo che può essere utilizzato per migliorare l’assistenza di qualità. Facciamo degli esempi:
- sollevare i pazienti negli spostamenti letto-carrozina e viceversa.
- consegnare la terapia al paziente autosufficiente;
- distribuire e consegnare il vitto e acqua ai pazienti;
- mantenere l’igiene dei locali;
- sorvegliare i pazienti;
- avvertire l’infermiere in caso di emergenza, chiedere aiuto ai colleghi;
- ricordare note: “fra 10 minuti, cambiare la posizione al paziente x”;
- assistere il paziente con stimolazioni cognitive;
- ecc…
Possiamo supporre che per l’infermiere l’introduzione di robot sanitari nei reparti possa e debba essere visto come un vantaggio.
Possibile una riduzione del personale di supporto e infermieristico a lungo termine
Purtroppo è prevedibile una riduzione della presenza numerica del personale di supporto in quanto tali mansioni sono spesso affidate a loro (quando presenti).
Questi eventi avverano nell’arco di vent’anni almeno. Inoltre queste tecnologie saranno inserite molto lentamente nella realtà quotidiana del lavoro. Non è presumibile che il prossimo collega assunto sia un robot, quindi non verrà percepita come un’invasione di fredda tecnologia ma come una naturale evoluzione degli strumenti che utilizziamo ogni giorno.
Oppure saremo tutti disoccupati da un giorno all’altro: in questo caso gli esperti parlano di reddito universale di base, uno stipendio (seppur basso) per chi ha perso il lavoro. Magari non è male nemmeno questa soluzione, o no?
Autore: Dario Tobruk (Facebook, Twitter)
Fonti e approfondimenti:
- Carl Benedikt Frey and Michael A. Osborne, The future of employment: How susceptible are jobs to computerization? (PDF), su oxfordmartin.ox.ac.uk, 17 settembre 2013.
- Vonod Khosla, Do We Need Doctors or Algorithms?, Tech Crunch, 10 gennaio 2012.
- Robot Infermieri: la Disoccupazione tecnologica in Sanità
- I robot aiuteranno gli infermieri sorvegliando i pazienti in reparto!
- Robotica Sanitaria: chi si prende la responsabilità etica e legale?
- L’uso dei Robot nelle attività di cura: NEU la rivista dell’ANIN ci chiarisce le idee
- I Sex Robot: strumento per una futura assistenza sessuale?
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