Casa della Salute: cos’è, come funziona e ruolo dell’infermiere

Dario Tobruk 22/10/20
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La Casa della Salute è più di un edificio, è un vero e proprio modello assistenziale-organizzativo che raccoglie in sé, tutta l’assistenza al paziente cronico, le cure primarie e la medicina territoriale che gli ospedali non riescono più ad assorbire a causa dei tagli, delle chiusure e delle politiche di rientro.

Il Ministero della Salute e tutte le istituzioni sanitarie la definiscono così: “La Casa della salute è da intendersi come la sede pubblica dove trovano allocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie, ivi compresi gli ambulatori di Medicina Generale e Specialistica ambulatoriale, e sociali per una determinata e programmata porzione di popolazione. In essa si realizza la prevenzione per tutto l’arco della vita e la comunità locale si organizza per la promozione della salute e del benessere sociale.

Le Case della Salute sono quindi strutture che erogano servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali a tutti i cittadini, garantendo la continuità assistenziale ospedale-territorio. Assistenza generalmente garantita 24 ore su 24, risultato della collaborazione multiprofessionale di diversi operatori (medici di medicina generale, infermieri e infermieri di famiglia, ostetriche, fisioterapisti, assistenti sociali, oss, ecc…). Adottate e dislocate in molte regioni italiane come la Liguria, l’Emilia-Romagna, la Toscana e molte altre.

Casa della Salute: cos’è, come funziona e ruolo dell’infermiere

La contrazione forsennata degli investimenti sanitari con relativa chiusura delle aziende ospedaliere, che ha portato il numero di luoghi di cura da 659 a 107 negli ultimi 25 anni, non è stata controbilanciata da un efficace sistema di gestione della medicina sul territorio.

Inoltre, la sola rete dei medici di famiglia non è riuscita ad assorbire completamente il bisogno di assistenza sanitaria dei pazienti, che prima o poi, hanno iniziato a cercarla direttamente in ospedale, spesso tramite accesso improprio in pronto soccorso.

Perché è nato il modello della Casa della Salute

Molti altri erano i fattori in gioco che stimolavano una soluzione all’enorme problema della sostenibilità del sistema sanitario nazionale:

  • Invecchiamento della popolazione e aumento della quota di non autosufficienti.
  • L’evoluzione delle professioni sanitarie verso una maggiore autonomia (vedi infermiere di famiglia).
  • Nuove tecnologie favoriscono il monitoraggio clinico del paziente direttamente al domicilio, riducendo i costi per il SSN.
  • Politiche di risparmio ed efficienza economica per sostenere il SSN.
  • Aspettative dei cittadini: riferimenti certi e presa in carico, continuità e informazioni chiare sul proprio percorso di cura, equità nella fruizione dei servizi sanitari.

Quali sono i suoi obiettivi?

Le case della salute hanno tutti un unico obiettivo, rispondere con efficacia ai bisogni assistenziali del territorio:

  • Dare centralità al paziente e non ad una o più figure professionali.
  • Presentarsi come un unico punto di riferimento per l’assistenza territoriale, aperto tutti i giorni, tutto il giorno.
  • Ridurre gli accessi in pronto soccorso, trattando quei casi configurati come codici bianchi.
  • Accoglie le dimissioni protette che provengono dagli ospedali e ne integra al domicilio il percorso di cura tramite continuità dei PDTA a pazienti cronici, a pazienti che richiedono accertamenti di elevata complessità, a pazienti con problemi di salute mentale.
  • Promuovere programmi di prevenzione per il cittadino e la sua comunità.
  • Assistenza sanitaria specifica e problemi ambulatoriali urgenti.

Come funziona una Casa della Salute?

È un sistema integrato di servizi e professionalità diverse, che riceve la persona e il suo bisogno sanitario, sin dall’inizio e in ogni momento del suo percorso. Generalmente al suo interno è l’infermiere case-manager che si occupa di integrare tutti questi percorsi e professionalità in un unico tragitto assistenziale.

La struttura può essere di grande, media o piccola dimensioni ma i servizi minimi che deve garantire sono: medicina generale, assistenza infermieristica, consultorio (primo livello con ostetrica), cure ambulatoriali, assistente sociale. La Case della Salute di maggiori dimensioni invece garantiscono tutte le attività relative alle cure primarie, sanità pubblica e salute mentale.

Il ruolo dell’infermiere nelle Case della Salute

Oltre all’assistenza infermieristica, l’infermiere trova il suo maggiore specifico nell’attività di care management e in questo profilo si occupa di:

  • creare, in collaborazione con le altre professioni, percorsi e profili di cura;
  • identificare e prendere in carico il paziente cronico e seguirlo in continuità assistenziale, preferibilmente in un setting che comprenda il domicilio.
  • identificare e promuovere la crescita stessa del modello attraverso la formazione, l’informazione e la definizione di standard di riferimento e di efficienza del progetto.

Molti sono ancora i problemi da affrontare, prima di tutto la piena adozione del sistema organizzativo a livello nazionale e secondariamente l’annosa questione tra medici e infermieri che rischia di allungarne i tempi di evoluzione.

La sostenibilità del sistema sanitario è legato al successo di queste iniziative. Le sfide da affrontare sono tante, troppe, ma spesso molte soluzioni portano sempre alla stessa risposta: dispiegare tutte le potenzialità dell’infermiere e le sue molteplici sfaccettature.

Solo così la sanità italiana potrà avere un futuro solido e anche se molto lentamente, la rivoluzione cognitiva alla base del cambiamento culturale in sanità, sta iniziando a prendere finalmente forma.

Autore: Dario Tobruk (FacebookTwitter)

Fonte:

  • L’ infermiere. Manuale teorico-pratico per i concorsi e la formazione professionale
    di Cristina Fabbri, Marilena Moltalti – Editore: Maggioli Editore – IX edizione.

Sulla cronicità e sui problemi del SSN:

Cronicità e dintorni

Nei libri di storia, leggeremo: “Nella prima parte del XXI secolo, la costante connessione caratterizzò la vita di tutti. Ma nei primi mesi del 2020…”. La probabile verità è che fino a oggi l’impegno a globalizzare tutti gli aspetti della nostra vita aveva scongiurato la potenziale presenza di uno stress per un evento globale,rischiandolo solo in alcuni casi sanitari oppure per incidenti nucleari o terremoti, senza tuttavia mai incrociarlo. La pandemia da Covid-19 ha modificato questo quadro costruito in un trentennio di progressive aperture delle frontiere e al commercio di beni e servizi, con un primo vero test che sta risultando catastrofico per tutto il globo, con l’Italia in prima linea. Veniamo da anni in cui la spesa sanitaria è stata complessivamente crescente, ma soprattutto è stata in gran parte determinata dalla classe di pazienti affetti da patologie croniche. Viviamo più a lungo, viviamo probabilmente meglio della generazione precedente in termini di salute, ma questo benessere richiede oggi servizi sanitari e socio-sanitari che dovrebbero essere erogati in modo diverso, per numerosità ma anche per complessità.  È il famoso spostamento del baricentro di cura, tema organizzativo individuato da anni senza ricadute programmatorie. E poi è arrivato anche il Covid. Nel periodo di crisi più nero dal secondo dopoguerra, il Servizio Sanitario Nazionale – ed in particolare quello lombardo ma anche di altre Regioni – è stato messo sotto una pressione che ha rischiato di far collassare l’intero Paese. Ora appare chiaro che il Welfare attuale dovrà cambiare per tenere in futuro un ritmo dato da un’emergenza sanitaria che prima non esisteva. Un rapido adattamento è assolutamente necessario. Nelle situazioni di emergenza le pecche organizzative vengono evidenziate molto più rispetto alle condizioni di lavoro normale, ove la buona volontà degli operatori tende a coprire le falle. L’inevitabile confusione che nascerà nel prossimo periodo non dovrà quindi far perdere di vista l’obiettivo per l’assistenza ai pazienti affetti da patologie croniche, ovvero monitoraggio, supporto al paziente, visione olistica. Se l’obiettivo è salvare il Servizio Sanitario Nazionale come patrimonio del nostro Paese, la sfida è decisiva.

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Foto di Ryan McGuire da Pixabay

Dario Tobruk

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