Capire l’esofagite: guida per pazienti e studenti

Dario Tobruk 24/06/25

Bruciore di stomaco, difficoltà a deglutire e tosse persistente: dietro sintomi comuni si nascondono spesso esofagite di diversa eziologia e malattia da reflusso gastroesofageo. In questo articolo facciamo chiarezza su cause, forme e differenze, dalle più frequenti alle meno conosciute.

Inoltre, vedremo come comportarsi per giungere ad una diagnosi, ad un trattamento medico adeguato e, non meno importante, alle migliori indicazioni dietetiche per chi soffre di malattia esofagea.

Indice

Prima di continuare la lettura dell’articolo, volevamo solo segnalarti che, se stai leggendo questo articolo per aiutare un tuo caro che soffre di esofagite, o per essere sempre preparati ad affrontare ogni imprevisto e i mille problemi che possono sorgere durante l’assistenza a una persona malata, noi di Dimensione Infermiere consigliamo la lettura e lo studio di questo manuale: “Assistere a casa. Suggerimenti e indicazioni per prendersi cura di una persona malata” ed. Maggioli, 2011, da cui abbiamo tratto questo articolo, riportato le illustrazioni e usato come fonte attendibile di assistenza di base.

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Assistere a casa – Suggerimenti e indicazioni per prendersi cura di una persona malata

FORMATO CARTACEO

Assistere a casa

Da chi svolge quotidianamente un lavoro a contatto con le persone malate e i loro contesti famigliari, e che affronta con loro tutto quello che può accadere dentro le case durante l’assistenza domiciliare, nasce questo agile e utilissimo manuale. Non è un testo enciclopedico, non vuole avere, per spirito degli autori stessi, la presunzione di risolvere qualsiasi problema si possa presentare nel corso dell’assistenza domiciliare. Un’assistenza domiciliare non può prescindere dalla possibilità di effettuare a domicilio le cure necessarie ed eventuali esami diagnostici. per questo c’è bisogno di creare un équipe ben addestrata di sanitari coordinati fra loro, di assicurare una reperibilità 24 ore su 24, e di avere la certezza di una base di riferimento, fulcro importantissimo, quale la famiglia e i volontari. Proprio loro infatti rappresentano il raccordo essenziale tra il paziente e il professionista. spesso si trovano a confrontarsi con una realtà diversa, piena di incognite. Devono essere edotti sui diversi aspetti della malattia ma è fondamentale che conoscano il confine entro cui muoversi e quando lasciar posto al personale sanitario. Conoscere significa non ignorare e non ignorare significa non aver paura: una flebo che si ferma non deve creare panico nei famigliari o nel volontario, anche perché essendo loro il punto di riferimento per il paziente sono loro i primi a dare sicurezza e questo avviene solo se si conoscono i problemi. Il testo cerca perciò di porre l’attenzione sulle necessità più importanti, sui dubbi più comuni, sulle possibili situazioni “difficili” che a volte divengono vere urgenze, non dimenticando i piccoli interrogativi che spesso sono sembrati a noi stessi banali ma che, al contrario, sono stati motivo di forte ansia non solo per il paziente ma anche per i famigliari e per i volontari alle prime esperienze. Giuseppe Casale, specialista oncologo e gastroenterologo, è fondatore dell’Associazione, Unità Operativa di Cure Palliative ANTEA, di cui è anche Coordinatore Sanitario e Scientifico. Membro di molte Commissioni del Ministero della Sanità in ‘Cure Palliative’, è autore di diverse pubblicazioni, nonché docente in numerosi Master Universitari. Chiara Mastroianni, infermiera esperta in cure palliative, è presidente di Antea Formad (scuola di formazione e ricerca di Antea Associazione), e membro del comitato scientifico dei Master per infermieri e medici in cure palliative dell’ Università degli studi di Roma Tor Vergata.

 

Chiara Mastroianni, Giuseppe Casale | Maggioli Editore 2011

Com’è fatto l’esofago?

L’esofago, presente nei vertebrati, è un organo cilindrico che ha la funzione di via di passaggio per il cibo dalla faringe allo stomaco. Questa struttura fibromuscolare, lunga dai 25 ai 35 cm e larga 2-3 cm negli adulti, si colloca posteriormente alla trachea e al cuore, attraversa il diaframma e si congiunge alla parte superiore dello stomaco.

Durante la deglutizione, l’epiglottide svolge un ruolo cruciale, piegandosi verso l’indietro per prevenire l’ingresso del cibo nella laringe e nei polmoni, assicurando che il cibo proceda solamente in direzione dell’esofago.

Un altro meccanismo di difesa dell’esofago è lo sfintere gastroesofageo, o anche chiamato cardias, un cerchio muscolare localizzato dove l’esofago incontra lo stomaco. Questo sfintere agisce come una barriera, consentendo al cibo di fluire dall’esofago allo stomaco e, contemporaneamente, prevenendo il ritorno dell’acido gastrico nello stesso esofago.

Cos’è l’esofagite?

Se lo sfintere non funziona adeguatamente, può manifestarsi il reflusso gastroesofageo, condizione in cui l’acido dello stomaco risale nell’esofago, provocando sintomi quali bruciore e fastidio, e in definitiva quella situazione clinica chiamata esofagite da reflusso gastroesofageo.

Altra causa di infiammazione della mucosa dell’esofago è l’esofagite eosinofila, una malattia immuno-mediata in cui si riscontra un infiltrato eosinofilo nel tessuto e conseguente infiammazione cronica a causa di una risposta allergica a certi antigeni alimentari o ambientali in pazienti con suscettibilità genetica verso questi non-self.

Cause meno comuni di esofagite prendono in causa infezioni, soprattutto di natura micotica, in pazienti fragili e immunodepressi e pazienti sottoposti a trattamenti radioterapici.

Altre cause ancora di esofagiti sono la malattia di Crohn e mediate da agente traumatico (post-intubazione).

Chi è più a rischio di sviluppare esofagite?

Tra le più comuni forme di esofagite, si riscontrano numeri importanti sia per la diffusa esofagite da reflusso, o anche chiamata malattia da reflusso gastroesofageo (spesso abbreviata in MRGE), sia l’esofagite eosinofila.

Se guardiamo all’evoluzione storica della malattia eosinofila, possiamo notare che è stata identificata per la prima volta negli anni ‘70, e da allora ha mostrato un trend di incidenza in costante crescita.

Attualmente, i tassi di incidenza e prevalenza si attestano rispettivamente a 3,7 e 22,7 per 100.000 abitanti. Queste cifre sono ormai paragonabili a quelle di patologie ben più conosciute, come la Malattia di Crohn.

In Italia, è interessante notare che circa 1 paziente su 10 che si sottopone a esofagogastroduodenoscopia (EGDS) a causa di sintomi come disfagia o arresto del bolo alimentare, risulta essere affetto da esofagite eosinofila. Inoltre, la malattia sembra colpire più frequentemente gli adulti rispetto ai bambini e mostra una prevalenza maggiore nel sesso maschile, con un rapporto di 3:1 rispetto al sesso femminile.

Per quanto riguarda la malattia da reflusso gastroesofageo, anche questa è una patologia in crescita, particolarmente nei Paesi industrializzati, e sta guadagnando terreno anche nei Paesi in via di sviluppo.

Questa tendenza crescente è attribuita sia a una maggiore facilità di ispezione delle prime vie digestive sia a una vera diffusione della MRGE, legata a stili di vita moderni, stress e norme dietetico-comportamentali errate. La definizione e la diagnosi della MRGE sono complesse, con variazioni nei dati a seconda delle regioni geografiche, dei metodi di osservazione e delle interpretazioni.

La MRGE può manifestarsi come esofagite in circa il 50-75% degli adulti sintomatici nei Paesi industrializzati e fino al 40% in quelli asintomatici.

L’incidenza dell’esofagite da reflusso è aumentata notevolmente negli ultimi vent’anni. Negli Stati Uniti, circa il 45% della popolazione ha sperimentato sintomi come la pirosi gastrica almeno una volta all’anno, e il 19% ha questi sintomi almeno due volte alla settimana.

In Italia, l’8,5% delle persone sottoposte a endoscopia per sintomi digestivi ha esofagite da reflusso, e lo 0,8% ha l’esofago di Barrett, condizione in cui il tessuto che riveste l’esofago subisce una trasformazione a causa dell’esposizione prolungata all’acido gastrico, rappresentando un fattore di rischio per lo sviluppo di adenocarcinoma esofageo.

Studi condotti presso medici di medicina generale in Italia suggeriscono che ogni anno 1,5-2 milioni di adulti italiani lamentano sintomi attribuibili alla malattia da reflusso gastroesofageo.

La prevalenza di esofagite in Italia è stata rilevata come superiore a quella dell’ulcera duodenale e gastrica. Nel complesso, la MRGE è in aumento in Italia, con un tasso di crescita triplicato negli ultimi 10 anni.

Quali sono le principali cause dell’esofagite?

Le cause dell’infiammazione del tessuto esofageo sono varie e numerose. Le principali cause di esofagite sono:

  • Esofagite da reflusso: questa forma di esofagite si verifica quando c’è una risalita dei succhi acidi dallo stomaco all’esofago a causa dell’incontinenza dello sfintere gastroesofageo. Quando questi episodi avvengono frequentemente, si parla di malattia da reflusso gastroesofageo, che può portare all’esofagite come una delle sue complicanze principali.
  • Esofagite eosinofila: questa condizione è legata alla presenza di alte concentrazioni di eosinofili (un tipo di globuli bianchi) nei tessuti esofagei, spesso a causa di allergie alimentari come quelle al latte, soia, grano, arachidi, ecc. Può anche manifestarsi in risposta ad allergie non alimentari, come l’inalazione di polline ambientale.
  • Esofagite da farmaci o iatrogena: alcuni farmaci, se assunti non correttamente e senza una quantità adeguata di acqua, possono rimanere a contatto con la mucosa esofagea per un periodo prolungato, causando irritazione. Tra i farmaci che possono causare questo tipo di esofagite ci sono i FANS (come aspirina, ibuprofene, naproxene), alcuni antibiotici (come tetraciclina e doxiciclina), il cloruro di potassio e i bifosfonati.
  • Esofagite infettiva: questa forma di esofagite colpisce principalmente individui con un sistema immunitario compromesso, come pazienti HIV positivi o persone affette da cancro. Può essere causata da agenti infettivi batterici, fungini o virali. Un esempio comune è l’esofagite da Candida albicans, un fungo normalmente presente in varie parti del corpo che in caso di immunodepressione tende ad infettare 

Se non trattata correttamente, la persistenza dell’infiammazione può portare a cambiamenti strutturali nell’organo, come la formazione di stenosi esofagee e la comparsa di anelli tissutali atipici nelle pareti interne.

Una delle complicanze più gravi e riconosciute dell’esofagite da reflusso è l’ “Esofago di Barrett“. In questa condizione, l’epitelio esofageo si modifica per resistere meglio all’azione degli acidi gastrici.

Tuttavia, questa trasformazione incrementa notevolmente, da 30 a 150 volte, il rischio di sviluppare tumori esofagei rispetto a chi ha una mucosa esofagea normale. A seconda dell’entità della metaplasia, ovvero del cambiamento strutturale, il rischio annuale per un individuo di sviluppare un carcinoma esofageo oscilla tra lo 0,5% e il 10%.

Quali sono i sintomi dell’esofagite?

I sintomi generici nelle varie forme di esofagite includono:

  • Difficoltà e dolore alla deglutizione (disfagia e odinofagia)
  • Sensazione che il cibo faccia fatica a scendere lungo l’esofago (acalasia)
  • Episodi di dolore toracico retrosternale: Questo dolore si verifica dietro lo sterno e può essere confuso con il dolore toracico di natura cardiaca
  • Nausea e vomito: questi sintomi possono essere il risultato dell’irritazione dell’esofago o della risalita del contenuto dello stomaco nell’esofago.
  • Dolore epigastrico: questo può essere causato dalla risalita dei succhi gastrici nell’esofago.
  • Scialorrea: questo può verificarsi quando l’acido dello stomaco risale nell’esofago, causando una produzione eccessiva di saliva.
  • Inappetenza: a causa del disagio e del dolore associati all’esofagite, alcune persone, soprattutto anziani e bambini, possono perdere interesse per il cibo.

Nei sottogruppi possiamo riconoscere altre tipologie di sintomi tipici per malattia che possono presentarsi in alternativa, o in aggiunta a quelli generici appena visti. Nei pazienti affetti da MRGE, ad esempio, possiamo riscontrare tutta una serie di sintomi, che variano in gravità e frequenza:

  • Pirosi (bruciore di stomaco): è il sintomo più comune e caratteristico della MRGE. Si tratta di una sensazione di bruciore o calore che si avverte dietro lo sterno, spesso dopo aver mangiato. La sensazione può irradiarsi verso l’alto, fino alla gola o alla mascella.
  • Rigurgito acido: alcuni pazienti possono avvertire un sapore amaro o acido in bocca, specialmente quando si piegano in avanti o si sdraiano. Questo è causato dal reflusso del contenuto gastrico nell’esofago e, a volte, fino alla bocca.
  • Dolore toracico: può peggiorare dopo aver mangiato o quando si è sdraiati.
  • Tosse cronica e raucedine: il reflusso acido può irritare la laringe e le vie aeree, causando sintomi come tosse cronica, raucedine o una sensazione di nodo in gola.
  • Sintomi respiratori: in alcuni pazienti, il reflusso può causare sintomi respiratori come asma, bronchite cronica o polmonite da aspirazione.
  • Erosioni dentali: l’acido refluito può erodere lo smalto dei denti, portando a problemi dentali.
  • Alitosi: il reflusso del contenuto gastrico può causare un alito cattivo.

È importante sottolineare che non tutti i pazienti con malattia da reflusso gastroesofageo avranno tutti questi sintomi, e la gravità dei sintomi può variare da persona a persona.

Inoltre, alcuni pazienti possono avere sintomi atipici o sintomi lievi che potrebbero non essere immediatamente riconosciuti come correlati all’esofagite da reflusso.

Per quanto riguarda l’esofagite eosinofila invece, questa condizione può causare sintomi simili al reflusso, come disfagia (difficoltà a deglutire), occlusione da cibo e dolore, ma alcuni aspetti clinici possono aiutare il clinico ad orientarsi verso una diversa eziologia. I sintomi più specifici dell’esofagite eosinofila variano in base all’età:

  • Neonati e bambini: possono manifestare rifiuto del cibo, vomito, perdita di peso, dolore addominale e/o dolore toracico. Spesso, questi pazienti presentano anche sintomi di altre patologie atopiche, come asma, eczema e rinite allergica.
  • Adulti: il sintomo più comune è la disfagia per solidi. Molti pazienti con esofagite eosinofila hanno un’anamnesi di atopia, una predisposizione ereditaria alle malattie allergiche. La malattia viene spesso sospettata quando i sintomi del reflusso non migliorano con la terapia acido-soppressiva.

Come si diagnostica l’esofagite?

Per stabilire le cause, la natura e l’entità dell’infiammazione, in breve per avere una diagnosi di esofagite e per il trattamento più appropriato è necessario che il medico faccia un’attenta valutazione del paziente.

Prima di ogni impiego strumentale, l’anamnesi è una fase fondamentale nella pratica clinica e rappresenta il primo passo nella diagnosi di qualsiasi patologia.

Attraverso l’anamnesi, il medico raccoglie informazioni dettagliate sulla storia clinica del paziente, sui sintomi presenti e su eventuali fattori di rischio o condizioni preesistenti. In caso di sospetta esofagite, bisognerà fare una raccolta dell’anamnesi su diversi item:

  • Sintomi principali: il medico inizierà chiedendo al paziente di descrivere i sintomi che sta sperimentando e iniziare a distinguere tra le varie possibilità di eziologia.
  • Durata e frequenza dei sintomi: è importante determinare da quanto tempo il paziente sta sperimentando i sintomi di sospetta esofagite e con quale frequenza si manifestano. Questo può aiutare a distinguere tra un episodio acuto e una condizione cronica.
  • Fattori scatenanti e di sollievo: il medico potrebbe chiedere se ci sono particolari cibi, bevande o situazioni che sembrano peggiorare o alleviare i sintomi. ad esempio, il consumo di cibi piccanti, alcolici o caffeina può aggravare i sintomi dell’esofagite in alcuni pazienti.
  • Anamnesi pregressa: è essenziale conoscere eventuali patologie pregresse, interventi chirurgici o trattamenti medici che il paziente ha ricevuto in passato. Questo può includere la presenza di ernia iatale, interventi chirurgici all’esofago o allo stomaco, o una storia di malattie autoimmuni.
  • Medicazioni e farmaci assunti: alcuni farmaci, come gli antinfiammatori non steroidei (FANS) o gli antibiotici, possono aumentare il rischio di esofagite. Il medico chiederà al paziente una lista completa dei farmaci e degli integratori che sta assumendo.
    stili di vita e abitudini: fattori come il fumo di sigaretta, il consumo eccessivo di alcol o una dieta ricca di cibi piccanti possono contribuire all’esofagite. 
  • Anamnesi familiare: sapere se altri membri della famiglia hanno avuto esofagite o altre patologie gastrointestinali può fornire ulteriori indizi sulla possibile causa dell’esofagite nel paziente.

Una volta conclusa l’anamnesi, un esame obiettivo può fornire ulteriori informazioni. Andrà controllata la bocca e la gola del paziente, auscultato il torace e palpato l’addome per verificare eventuali complicanze e per fare diagnosi differenziale. Le principali procedure diagnostiche utilizzate:

  • Radiografia al Bario: in questa procedura, il paziente è invitato a deglutire una soluzione contenente bario, un mezzo di contrasto. Distribuendosi lungo le pareti dell’esofago, il bario facilita lo studio delle immagini radiografiche. Questo esame permette l’individuazione di eventuali restringimenti (stenosi esofagee), alterazioni strutturali dell’esofago, ernia iatale, tumori e altre anomalie in genere.
  • Esame endoscopico (gastroscopia): considerata l‘indagine diagnostica per eccellenza per l’esofagite, durante questo esame un tubo munito di telecamera all’estremità viene fatto scendere nella gola e nell’esofago. Questo permette di esplorare lo stato di salute della mucosa esofagea. Attraverso lo studio delle immagini ottenute, è possibile raccogliere preziosi indizi sulle cause dell’esofagite. Se necessario, durante l’endoscopia, il medico può anche prelevare piccoli campioni di tessuto esofageo (biopsia) per un’analisi di laboratorio. Questa analisi può rivelare eventuali processi infettivi, eccessive concentrazioni di eosinofili e lesioni precancerose o neoplastiche.
  • Test allergologici: In presenza di un’esofagite eosinofila, possono essere prescritti test per valutare la sensibilità a determinati allergeni. Questi test aiutano a identificare possibili reazioni allergiche che potrebbero essere la causa dell’infiammazione esofagea.
  • Diete di esclusione: sempre in relazione all’esofagite eosinofila, possono essere suggerite diete di esclusione. Queste diete prevedono l’allontanamento di determinate categorie di cibi per osservare l’andamento dei sintomi. Se i sintomi scompaiono e poi ricompaiono alla reintroduzione dei cibi esclusi, ciò indica una possibile correlazione tra l’alimentazione e l’esofagite.
  • Altri esami di laboratorio: in particolare, il riscontro di possibile anemia dovuta all’erosione dei tessuti in alcune situazioni di particolare gravità.

Ulteriori approfondimenti diagnostici possono comprendere l’impiego di altre metodiche come:

  • La manometria esofagea: una procedura diagnostica utilizzata per valutare la motilità dell’esofago e la funzionalità dello sfintere esofageo. Questo esame misura la pressione all’interno dell’esofago attraverso un sottile tubicino dotato di sensori di pressione, che viene inserito nel naso del paziente e guidato fino all’esofago. Sebbene sia uno strumento prezioso per comprendere la funzionalità esofagea, l’introduzione del tubicino può causare un certo disagio, rendendo la manometria esofagea un esame lievemente invasivo.
  • La pH-metria esofagea delle 24 ore: una procedura diagnostica che monitora i livelli di acidità nell’esofago per un’intera giornata, fornendo informazioni preziose sulla presenza e la frequenza del reflusso acido. L’esame si avvale di un sensore di pH, collegato a un sondino, che viene introdotto attraverso il naso e posizionato nell’esofago. Questo sensore è connesso a un dispositivo di registrazione portatile, che il paziente indossa attorno alla vita o su una spalla. Durante l’esame, il paziente ha la responsabilità di attivare il sensore ogni volta che percepisce sintomi tipici del reflusso gastroesofageo, permettendo così di correlare gli episodi di acidità con i sintomi avvertiti. Al termine delle 24 ore, il catetere viene rimosso e i dati vengono analizzati successivamente dal medico.

L’ultima fase della diagnosi dell’esofagite è la valutazione del danno del tessuto. Una delle prime classificazioni delle lesioni esofagee è stata proposta da Savary e Miller nel 1977, identificando sei gradi di lesioni endoscopiche:

  • Grado 0: mucosa intatta.
  • Grado I: erosioni ovali o lineari non confluenti, isolate o multiple, presenti su una singola plica longitudinale.
  • Grado II: erosioni distribuite su diverse pliche longitudinali, ma non circonferenziali.
  • Grado III: erosioni confluenti che coprono l’intera circonferenza.
  • Grado IV e V: presenza di complicazioni come stenosi, ulcere o esofago di Barrett.

Dal 1996, è stata introdotta la “classificazione di Los Angeles”, che suddivide le lesioni in quattro gradi (da A a D) basati sull’estensione, numero e dimensione delle lesioni. Questa classificazione si concentra sulla compromissione dell’integrità delle mucose, senza considerare la profondità della lesione:

  • A: lesioni lunghe fino a 5 mm.
  • B: lesioni più lunghe di 5 mm.
  • C: lesioni che coprono fino al 75% della circonferenza esofagea.
  • D: lesioni che coprono oltre il 75% della circonferenza esofagea.

Se non vengono riscontrate lesioni, la condizione è classificata come NERD (Non Erosive Reflux Disease). La NERD, pur non essendo una patologia distinta, è la forma di MRGE più comune e si sovrappone in parte alle patologie funzionali gastro-enteriche, come la dispepsia funzionale e la sindrome dell’intestino irritabile.

Come si cura l’esofagite?

La scelta del trattamento dipende dalla specifica forma di esofagite e dalle sue cause sottostanti. L’obiettivo principale è alleviare i sintomi, prevenire ulteriori complicazioni e, quando possibile, trattare la causa alla base del disturbo. In linea generale:

  • Esofagite da reflusso:
    • Adottare cambiamenti nello stile di vita: alzare la testata del letto, mangiare pasti più leggeri, limitare l’assunzione di grassi e caffeina, evitare di sdraiarsi subito dopo aver mangiato, smettere di fumare e bere alcolici e, se necessario, perdere peso.
    • Utilizzo di farmaci che riducono l’acidità gastrica, permettendo all’esofago di guarire (come gli inibitori della pompa protonica, eventualmente combinati con procinetici).
    • Intervento chirurgico per ripristinare la funzione dello sfintere gastroesofageo, sebbene possa comportare rischi di complicanze.
    • Tecniche mini-invasive per trattare eventuali stenosi esofagee.
  • Esofagite eosinofila
    • Adozione di una dieta di eliminazione, escludendo progressivamente certi alimenti e monitorando la risposta sintomatica.
    • Uso di steroidi, sia orali che per inalazione, per ridurre l’infiammazione associata alla reazione allergica. Tuttavia, l’uso prolungato di questi farmaci può avere effetti collaterali.
  • Esofagite da farmaci (iatrogena)
    • Interruzione del farmaco responsabile e sostituzione con alternative meno irritanti; se necessario, cambiare la formulazione del farmaco, preferendo forme liquide alle forme solide. È importante ingerire le compresse con abbondante acqua e attendere prima di coricarsi.
  • Esofagite infettiva
    • Somministrazione di antibiotici o altri farmaci specifici per eliminare l’agente infettivo causale.

Quali farmaci vengono utilizzati per trattare l’esofagite?

Infine, in base alla specifica situazione del paziente, il medico potrà prescrivere uno o più farmaci per controllare i sintomi o combattere la causa. I più comuni trattamenti farmacologici possono dividersi in:

  • Antiacidi:
    • Bicarbonato di sodio (NaHCO3): Agisce rapidamente neutralizzando gli acidi gastrici. Tuttavia, può causare effetti collaterali come alcalinizzazione delle urine, gonfiore e ipersodemia. L’uso del bicarbonato di sodio dovrebbe essere occasionale e sempre sotto consiglio medico.
    • Idrato di magnesio Mg(OH)2 e idrato di alluminio Al(OH)3: Hanno una durata d’azione maggiore e un assorbimento ridotto rispetto al bicarbonato di sodio. Sono spesso associati insieme poiché hanno effetti collaterali opposti.
    • Alginati (es. Gaviscon advance): Riducono il reflusso gastroesofageo e proteggono la mucosa dell’esofago. L’associazione antiacidi-alginati aumenta la viscosità del contenuto gastrico, proteggendo ulteriormente la mucosa dall’esofago dal reflusso.
  • Gastroprottetori:
    • Antagonisti dei recettori H2 dell’istamina (antisecretivi): ad esempio, la Nizatidina e la Cimetidina sono utilizzate per il trattamento dell’esofagite.
    • Inibitori della pompa protonica: sono prescritti quando il paziente non risponde positivamente alla cura con un inibitore dei recettori H2. L’Esomeprazolo è uno dei farmaci preferenzialmente utilizzati per la cura dell’esofagite
  • Procinetici intestinali:
    • Metoclopramide e Domperidone: questi farmaci accelerano lo svuotamento gastrico, migliorando la funzionalità dello sfintere gastroesofageo.
  • Altre tipologie:
    • Steroidi: utilizzati per attenuare l’infiammazione legata alla reazione allergica, come nell’esofagite eosinofila.
    • Antibiotici e antimicotici: prescritti in caso di esofagite infettiva, dopo aver identificato il batterio o il fungo responsabile dell’esofagite e averne testato la sensibilità.

    Come e cosa mangiare per ridurre l’esofagite?

    Oltre a consigliare cosa mangiare per ridurre l’esofagite è importante considerare anche un miglioramento delle abitudini alimentari e della dieta in generale come un fattore cruciale per la prevenzione e la cura della malattia esofagea, soprattutto quella causata da reflusso gastroesofageo.

    In breve i consigli igienico-comportamentali riguardo alla dieta si possono raggruppare in:

    • Frammentazione dei pasti: per chi soffre di esofagite, è consigliato consumare pasti moderati e aumentare il numero delle portate ad ogni pasto. Questo aiuta a evitare il reflusso gastroesofageo e migliora la digestione.
    • Migliorare la digeribilità: la dieta dovrebbe essere composta da cibi facilmente digeribili. Ad esempio, sostituire il latte intero con quello scremato, la carne grassa con il petto di pollo, e i formaggi grassi con quelli magri.
    • Alimenti da evitare: alcuni alimenti possono aggravare i sintomi dell’esofagite e dovrebbero essere evitati. Questi includono alcol, caffè, tè, cacao, bevande gassate e spezie piccanti come peperoncino e aglio.
    • Riduzione dei grassi e delle fibre: è consigliato ridurre l’apporto di grassi al 25% delle calorie totali e mantenere un apporto moderato di fibre, circa 30g al giorno, per facilitare la digestione.
    • Metodi di cottura: utilizzare metodi di cottura che utilizzano pochi grassi e che siano efficaci nel denaturare le proteine, come la lessatura, la cottura a vapore o a pressione.

    Seguendo questi consigli, insieme al trattamento farmacologico, è possibile gestire meglio i sintomi dell’esofagite e migliorare la qualità della vita.

    Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook InstagramThreads)

    Dario Tobruk

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