Colecistite: cos’è e come si manifesta

redazione 26/06/25

La colecistite è un’infiammazione acuta o cronica della cistifellea, spesso causata da calcoli biliari. Provoca dolore addominale, febbre e nausea, e può richiedere un intervento chirurgico se non trattata in tempo.

Riconoscere i segnali e intervenire con una diagnosi precoce è fondamentale per evitare complicanze come perforazione della colecisti o infezioni diffuse.

Indice

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Cos’è la colecistite e da cosa è causata?

La bile è un fluido viscoso di tonalità verdo-giallastro, prodotto dal fegato, che ha il compito principale di emulsionare i grassi, rendendoli più facilmente assorbibili dall’intestino.

Questo liquido ha anche la funzione di aiutare l’organismo a eliminare determinati prodotti di scarto. Una volta prodotta, la bile viene immagazzinata in un piccolo organo chiamato cistifellea.

Al momento dell’assunzione di cibo, la cistifellea si contrae e rilascia la bile attraverso le vie biliari, permettendo a questa di raggiungere l’intestino e mescolarsi con gli alimenti in fase di digestione.

Tuttavia, se il normale flusso della bile viene ostacolato, ad esempio dalla presenza di un calcolo biliare, la cistifellea può infiammarsi.

Questa condizione infiammatoria della cistifellea è nota come colecistite e si manifesta attraverso una serie di sintomi specifici.

Chi rischia maggiormente la colecistite?

Nelle nazioni industrializzate, si stima che il 10% della popolazione adulta e il 20% di coloro che hanno superato i 65 anni abbiano calcoli biliari.

La complicanza più frequentemente associata alla colelitiasi è la colecistite acuta. È da notare che oltre il 95% dei soggetti affetti da questa condizione presentano colelitiasi.

D’altro canto, la colecistite alitiasica si riferisce all’infiammazione della colecisti in assenza di calcoli biliari e costituisce il 5-10% delle colecistectomie effettuate a causa di una acuzia. I principali fattori di rischio includono:

  • Condizioni mediche gravi come grandi interventi chirurgici, ustioni gravi, sepsi o traumi.
  • Periodi prolungati di digiuno o l’uso di nutrizione parenterale totale, che possono causare stasi biliare.
  • Stati di shock.
  • Compromissione del sistema immunitario.
  • Malattie con complicazioni microvascolari come il lupus eritematoso sistemico

In assenza di un adeguato trattamento, il 10% dei pazienti può manifestare una perforazione localizzata della colecisti, mentre l’1% può avere una perforazione libera, portando a peritonite.

Quali sono le cause dell’infiammazione della colecisti?

La colecistite, nella maggior parte dei casi, è scatenata dall’ostacolazione delle vie biliari a causa di un calcolo biliare.

Questi calcoli sono piccole formazioni solide che possono essere composte da aggregati di cristalli di colesterolo o di bilirubina.

Quando il fegato produce un eccesso di colesterolo e la bile ne risulta saturata, il colesterolo inizia a cristallizzarsi all’interno della cistifellea, formando aggregati che possono raggiungere dimensioni di due o tre centimetri.

Una dinamica simile si verifica quando il fegato produce un eccesso di bilirubina, come può accadere in condizioni come l‘anemia emolitica. In questo caso, la bilirubina forma cristalli che si aggregano dando origine a calcoli biliari pigmentati di colore nero o marrone.

In alcune situazioni, la cistifellea può apparire come un sacchetto riempito di piccole pietre. Durante la contrazione della cistifellea, se uno di questi calcoli si sposta nelle vie biliari, può bloccare il dotto cistico, il coledoco o l’ampolla di Vater (punto in cui il coledoco si congiunge al dotto pancreatico).

Questa ostruzione causa un ristagno di bile, determinando infiammazione e possibile infezione delle vie biliari.

In alcuni casi, stenosi causate da precedenti infiammazioni, come traumi, interventi chirurgici o la presenza di calcoli biliari, possono aumentare il rischio di blocco del flusso biliare, contribuendo all’insorgenza della colecistite.

Un ulteriore meccanismo eziopatogenetico non richiede necessariamente l’ostruzione: la semplice presenza di calcoli nella cistifellea può provocare un danno meccanico, sia di natura abrasiva (il movimento corporeo induce lo sfregamento del calcolo sulla tonaca mucosa) sia di natura pressoria (il peso esercitato sulla parete della cistifellea dall’accumulo di calcoli).

Microlesioni della tonaca lasciano spazio ai batteri presenti nella bile di infettare il tessuto e provocare ascessi e ulcerazioni della mucosa che non guarisce, fino a quando il peggioramento dell’infezione e della lacerazione progredisce a tutto spessore, perforando la parete della cistifellea e rilasciando il contenuto nel cavo peritoneale con conseguente insorgenza del quadro di colecistite acuta e coinvolgimento delle strutture contigue, come il peritoneo.

Quando la l’infiammazione della cistifellea non è causata dalla presenza di calcoli biliari, o quando questi non sono rilevabili a causa delle loro dimensioni, si parla di colecistite alitiasica: una forma di infiammazione acuta della cistifellea che si manifesta in assenza di calcoli biliari.

L’infiammazione è causata da una serie di fattori predisponenti che possono interagire tra loro. Tra questi, una maggiore viscosità e litogenicità della bile possono portare a una stasi biliare, mentre l’ischemia o l’atonia della parete della cistifellea possono contribuire ulteriormente al processo infiammatorio.

Inoltre, la colecistite alitiasica può manifestarsi come complicanza in seguito a diverse condizioni mediche o chirurgiche. Alcune di queste condizioni includono infezioni, periodi prolungati di digiuno, tumori, traumi gravi, ustioni, diabete mellito, aterosclerosi, vasculiti sistemiche e situazioni di compromissione del sistema immunitario.

Quali sono i sintomi e dove fa male una colecisti infiammata?

La colecistite acuta è prevalentemente causata dall’occlusione dei dotti biliari a seguito della presenza di calcoli biliari nella cistifellea. I sintomi si manifestano improvvisamente, con un dolore intenso e persistente nella zona dell’addome superiore destro, al di sotto delle costole. Questo dolore può irradiarsi al centro dell’addome, alla schiena e alla spalla destra.

La sua intensità può aumentare con respiri profondi e può persistere da poche ore fino a diversi giorni. Spesso, il dolore è accompagnato da febbre, brividi, nausea e vomito.

Altri sintomi associati possono essere il meteorismo e l’ittero, che si manifesta con una colorazione gialla della pelle e degli occhi. Durante un esame clinico, i medici potrebbero rilevare un dolore accentuato alla digito-pressione dell’addome superiore destro, indicando un segno di Murphy positivo.

Sono sintomi comuni la nausea, l’inappetenza e il vomito. Se la colecistite acuta si complica, possono emergere sintomi legati a un’infezione della cistifellea e all’interessamento di strutture adiacenti, come il peritoneo, manifestandosi con febbre e brividi.

Un episodio acuto tende a risolversi entro pochi giorni; se ciò non avviene, potrebbe indicare complicanze gravi come la lacerazione della parete mucosa con conseguente formazione di pus e gangrena dei tessuti.

La comparsa di ittero, urine scure e feci acoliche suggerisce un’occlusione dei dotti biliari e una conseguente colestasi.

In queste circostanze, il pancreas potrebbe essere coinvolto a causa del reflusso di liquidi nel dotto pancreatico, con una miscela di bile e succo pancreatico che può aggravare la situazione e potenzialmente causare una pancreatite con i relativi sintomi, e peggiorare il quadro clinico complessivamente.

Come far diagnosticare la colecistite?

Il quadro sintomatologico molto spesso è sufficientemente chiaro da spingere il medico verso il sospetto diagnostico di colecistite.

Quindi in caso di dolore dell’addome superiore destro, che aumenta con il respiro, e che si accompagna con febbre, nausea e vomito, o anche uno o più di questi sintomi è necessario riferire tutto al proprio medico di medicina generale.

L’infiammazione della parete della colecisti porta ad accumulo di liquidi e ispessimento della parete, reperti che possono essere verificati facilmente durante l’ecografia dell’addome.

Il dolore provato dal paziente durante la ricerca della finestra ecografica nell’addome, poi, non fa che rinforzarne il sospetto.

Tramite ecografia inoltre è possibile verificare la presenza di calcoli biliari nella cistifellea. Se l’ecografia non è sufficiente per porre diagnosi con sicurezza, è possibile utilizzare la scintigrafia tramite markers radioattivo iniettato per EV. Tramite questa metodica, è possibile seguire il movimento della sostanza radioattiva mentre viene metabolizzata dal fegato e riversata nella cistifellea, ed eventualmente per le vie biliari, se c’è un occlusione tramite la scintigrafia epato-biliare è possibile verificarlo.

La tomografia computerizzata (TC) viene spesso utilizzata quando è necessario valutare tutte le strutture annessi e come il quadro patologico ha coinvolto gli organi contigui.

Gli esami ematici, infine, aiutano a definire il quadro ma da soli non sono sufficienti a confermare la diagnosi.

In ogni caso, utili gli esami per verificare la funzionalità epatica (per verificare danni al fegato) la bilirubinemia, ovvero i livelli di bilirubina nel sangue, l’emocromo (per riscontro di anemia emolitica) e la formula leucocitaria (in caso di sospetto d’infezione e infiammazione a causa di perforazione), oltre a indicatori infiammatori (VES) e amilasi e lipasi sieriche (per verificare coinvolgimento del pancreas), e molti altri in base alle necessità diagnostiche e al quadro clinico.

Il paziente affetto da colecistite acuta è destinato al ricovero, alla restrizione dietetica assoluta e, in base ai casi, all’assunzione di antidolorifici, antibiotici e idratazione tramite via endovenosa per stabilizzare il paziente, verificare il quadro clinico e decidere il trattamento chirurgico più appropriato.

Può essere impiegato un sondino nasogastrico per l’evacuazione del contenuto gastrico e mettere a riposo l’organo.

Se viene confermata la diagnosi di colecistite acuta, e in assenza di controindicazioni, se il quadro clinico lo richiede, l’intervento d’elezione è la colecistectomia entro 48 ore dall’esordio dei sintomi, ovvero la rimozione della cistifellea per via laparoscopica, se possibile, o laparotomica se necessario.

Solo se il paziente presenta un elevato rischio chirurgico si cercherà di posticipare l’intervento, e nel frattempo si valuterà un trattamento adeguato al paziente e al caso specifico.

Se fosse necessario posticipare l’intervento, potrebbe essere utile il drenaggio della cistifellea intra o extra-corporeo tramite metodiche ecografiche ed endoscopiche.

Colecistectomia laparoscopica
Nei casi non complicati, l’intervento di colecistectomia laparoscopica è il gold standard, ovvero l’intervento di elezione. Questa tecnica mininvasiva utilizza un laparoscopio, una sonda flessibile dotata di fibre ottiche e di videocamera, e delle incisioni di piccole dimensioni sull’addome, attraverso le quali il chirurgo inserisce il laparoscopio e gli strumenti chirurgici necessari per rimuovere la cistifellea.

Grazie alla videocamera del laparoscopio, il chirurgo è in grado di visualizzare l’interno dell’addome e guidare gli strumenti per eseguire la colecistectomia in modo sicuro e preciso.

Questo metodo poco invasivo riduce il dolore post-operatorio, il tempo di recupero e il rischio di complicanze rispetto alla chirurgia tradizionale a cielo aperto.

Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP)
In alcuni casi di colecistite acuta, ad esempio quando è causata da stenosi delle vie biliari, questo intervento chirurgico potrebbe essere accompagnato o sostituito dalla procedura di colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP).

Questa procedura viene eseguita utilizzando un endoscopio, che viene inserito attraverso la bocca, passa attraverso lo stomaco e arriva fino al duodeno, dove l’apertura dei dotti biliari e pancreatici (ampolla di Vater) viene localizzata.

Una volta raggiunta l’ampolla, un piccolo catetere viene inserito nel dotto biliare e un mezzo di contrasto viene iniettato per visualizzare i dotti su una radiografia.

Se vengono identificate ostruzioni o stenosi, possono essere trattate durante la stessa procedura attraverso lo stenting biliare, ovvero il posizionamento di protesi tubulari di metallo, plastica o materiale degradabile sulle ostruzioni dei dotti biliari al fine di eliminarle e prevenire la loro riformazione.

Fonti e approfondimenti: MSDmanuals.com;

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook InstagramThreads)

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