Il cuore ha un suo cervello, i predatori in testa ci fanno venire gli infarti e se respiriamo bene ci sentiamo meglio psicologicamente. Sempre più evidenze scientifiche dimostrano come cuore, polmoni e cervello non solo collaborano, ma comunicano in modo continuo e adattivo.
Questo scambio costante di segnali nervosi e biochimici costituisce ciò che definiamo la connessione tra la mente e il corpo: una rete complessa in cui questi organi si influenzano reciprocamente per mantenere l’equilibrio dell’organismo, soprattutto in risposta a stress, emozioni intense, o malattie sistemiche.
Un viaggio tra neuroscienze, cardiologia e pneumologia per comprendere meglio la connessione mente-corpo e il ruolo centrale dell’asse neuro-cardio-polmonare.
Indice
- La triade cuore-polmoni-cervello
- Le connessioni basilari tra gli apparati cardio-neuro-polmonari
- Ha un suo “mini-cervello”: in questo modo il cuore diventa il Cuore
- L’ossitocina, ovvero l’ormone dell’amore che collega tutto
- Il fragile equilibrio della triade e il cortisolo, l’ormone dello stress
- I predatori in testa che ci fanno venire gli infarti
La triade cuore-polmoni-cervello
Tra i numerosi tessuti, organi e apparati, tutti equivalentemente importanti per l’organismo, non può che svettare la stretta correlazione tra cervello, cuore e polmoni. Di come la funzionalità cardio-respiratoria e l’encefalo siano perfettamente coordinate in un unicuum che soltanto la scienza riduzionista riesce a dividere una dall’altra.
Della divisione tra corpo e anima i filosofi ne parlano da secoli, del fatto che solo da pochi anni la scienza ritorna sui suoi passi e riconosce come il corpo e la mente siano perfettamente incarnati uno all’altro, è un fatto che desta ancora meraviglia.
È, infatti, ampiamente noto come la compromissione di uno di questi apparati, si ripercuote irrimediabilmente sugli altri due, mettendo in serio rischio la vita dell’intero organismo.
Ma è ancora più noto di come un flusso continuo di informazioni viene scambiato tra questi tre elementi senza che necessariamente queste informazioni entrino nel raggio d’azione del faro della coscienza.
Le connessioni basilari tra gli apparati cardio-neuro-polmonari
Il principale obiettivo nel rinnovare un dialogo sull’intima connessione cuore–polmoni–cervello è quello di evidenziare le profonde interazioni che si instaurano tra questi tre apparati vitali.
Ciascuno, da solo, è fondamentale per garantire la sopravvivenza dell’organismo; allo stesso modo, l’arresto di uno solo di essi può determinare il decesso. Senza respirazione, circolazione o attività cerebrale, il corpo muore.
Il fatto che questi tre sistemi siano così strettamente connessi non è casuale, ma sottolinea il valore stesso di questa interconnessione. È ben noto che l’attività cerebrale stimola e regola sia la funzione cardiaca che quella respiratoria.
Meno conosciuto, e solo di recente oggetto di maggiore attenzione da parte della ricerca scientifica, è invece il processo inverso: la respirazione stessa influisce sull’attività cerebrale e cardiaca, così come l’attività del cuore condiziona sia il cervello che i polmoni.
L’escursione respiratoria, ossia il movimento della gabbia toracica e del diaframma durante l’atto respiratorio, non si limita, infatti, a richiamare aria dall’esterno variando le pressioni toraciche: incide anche sui volumi di ritorno venoso al cuore, modificandoli sensibilmente.
L’aumento o la diminuzione del volume di sangue in ingresso nell’atrio destro comporta inevitabilmente variazioni fisiologiche della frequenza cardiaca, dovute alla necessità di mantenere adeguato il flusso ematico: questa tende ad aumentare durante l’inspirazione e a diminuire durante l’espirazione. Il fenomeno è noto come aritmia sinusale respiratoria.
Il cervello, a sua volta, può influenzare l’attività del sistema nervoso simpatico, quella branca del sistema autonomo che attiva l’organismo nei momenti di stress, paura o ansia.
In queste condizioni, aumenta la frequenza cardiaca e la forza di contrazione, così come la frequenza respiratoria, preparando il corpo alla cosiddetta risposta di “attacco o fuga”, grazie a un incremento della gittata e dell’ossigenazione.
Ma proprio in virtù di questa connessione bidirezionale, è possibile anche l’opposto: agendo volontariamente sulla respirazione, si può influenzare lo stato d’animo.
Una respirazione più lenta e armoniosa comporta infatti una riduzione della frequenza cardiaca e, di riflesso, un miglioramento dello stato emotivo e cognitivo. È una pratica antica, nota da secoli nelle filosofie orientali, ma solo recentemente riscoperta e validata dalla scienza occidentale.
Ha un suo “mini-cervello”: in questo modo il cuore diventa il Cuore
Questo potrebbe chiudere il cerchio della triade cuore–polmoni–cervello, ma in realtà apre una riflessione ancora più ampia sulle implicazioni di questa relazione: cuore e polmoni comunicano con il cervello, e lo fanno in entrambe le direzioni.
È stato, infatti, recentemente scoperto che il cuore possiede un proprio “mini-cervello”: più precisamente, un sistema nervoso intrinseco noto come rete neuronale intracardiaca, capace, secondo quanto riportato da uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications, di inviare al cervello tante informazioni quante ne riceve (Pedroni, 2024).
Questa scoperta supera il modello dominante secondo cui il cuore, pur nella sua autonomia funzionale, non avrebbe, o ne avrebbe in maniera ridotta, influenza diretta sul cervello.
Al contrario, la rete neurale intracardiaca sembra capace di prendere decisioni, valutare segnali provenienti dall’interno e dalla periferia dell’organismo, e persino influenzare l’attività cerebrale attraverso un flusso comunicativo di tipo ascendente.
Gli scienziati ipotizzano che questa rete possa avere un ruolo chiave nella percezione precoce delle emozioni, addirittura prima che queste vengano elaborate a livello corticale.

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L’ossitocina, ovvero l’ormone dell’amore che collega tutto
Ma la comunicazione tra cuore e cervello non si limita al circuito nervoso: entrambi gli organi producono ormoni, molecole che attivano o inibiscono specifiche funzioni bersaglio.
Anche quella ormonale è una forma di comunicazione, solo più lenta e “a distanza”: un tessuto produce un segnale, questo viene diffuso dal sangue e raggiunge recettori anche molto distanti, modificandone il comportamento.
Tra gli ormoni prodotti, seppur in piccole quantità, anche dal cuore, figura l’ossitocina, comunemente nota come “ormone dell’amore”. Questo ormone è legato all’affettività, all’attaccamento e alla relazione.
Nelle donne viene prodotto soprattutto nella fase finale della gravidanza e durante l’allattamento, ma in entrambi i sessi viene stimolato anche da contatti fisici, rapporti sessuali, comportamenti altruistici e esperienze positive, tra cui pratiche fisico-contemplative come yoga e meditazione.
Attività che, curiosamente, condividono un elemento chiave: il controllo del respiro.
Solo per curiosità: nell’interazione tra l’essere umano e alcuni animali, in particolare il cane, anche il semplice contatto visivo è in grado di stimolare il rilascio di ossitocina sia nell’animale che nel proprietario.
Dal punto di vista cardiaco, l’ossitocina esercita una serie di effetti benefici: tra questi, la vasodilatazione arteriosa e la riduzione della pressione arteriosa, con conseguente diminuzione del carico di lavoro per il cuore. Questi meccanismi potrebbero contribuire a limitare i danni in caso di infarto, riducendone l’intensità e la gravità.
In sintesi, abbiamo visto come il controllo della respirazione possa influenzare positivamente l’attività cardiaca; questa, a sua volta, incide sul tono emotivo e sulla percezione cosciente delle emozioni da parte del cervello.
Il cervello risponde attivando segnali e ormoni che contribuiscono a calmare e stabilizzare sia il respiro che il battito cardiaco. Si attiva così un circolo virtuoso, in cui ogni organo sostiene l’altro, ricevendone benefici proporzionali.
Il fragile equilibrio della triade e il cortisolo, l’ormone dello stress
Tuttavia, questo equilibrio può rompersi facilmente, trasformandosi in un circolo vizioso. Condizioni di ansia, depressione e stress cronico sono da tempo correlate a un peggioramento della salute cardiovascolare e a un’alterazione significativa del ritmo respiratorio.
È ormai noto che depressione e stress aumentano il rischio di eventi cardiaci acuti. In alcuni casi, un forte evento emotivo, in presenza di altri fattori predisponenti non ancora del tutto chiariti, può innescare quella che viene definita sindrome di TakoTsubo (Romeo, 2018).
Il nome deriva dalla particolare forma che il cuore assume all’ecocardiografia, simile a una trappola per polpi giapponese (tako-tsubo): si tratta di una grave cardiomiopatia da stress che provoca un’alterazione della funzione contrattile del ventricolo sinistro, con un caratteristico rigonfiamento della parete che assume un aspetto ovale a video ecocardiografico.
Per fortuna, nella maggior parte dei casi questa sindrome è reversibile e solo raramente porta al decesso.
È però plausibile pensare che, prima della sua identificazione e definizione clinica, episodi di “crepacuore“, “cuore spezzato” o “cuore infranto” fossero forme di cardiomiopatia da stress non diagnosticate, oggi invece gestibili grazie a farmaci e interventi propri della medicina moderna.
E così, come esiste un ormone positivo nella dinamica della triade cuore–polmoni–cervello, ne esiste anche uno che potremmo definire “negativo”: il cortisolo, conosciuto anche come “ormone dello stress”.
Quando lo stato di stress si prolunga nel tempo, il sistema nervoso simpatico ne aumenta la concentrazione nel sangue, con effetti rilevanti: vasocostrizione, aumento della frequenza cardiaca e uno stato di allerta generalizzata in tutto l’organismo.
Il cervello, in presenza di livelli elevati di cortisolo, attiva l’amigdala, la struttura responsabile dell’elaborazione della paura, dell’eccitazione e degli stimoli emotivi, per coordinare una risposta adattativa.
Questo sistema era fondamentale per la sopravvivenza dei primi ominidi, che dovevano reagire rapidamente alla minaccia di predatori come i leoni. Una volta passato il pericolo, l’organismo tornava all’equilibrio omeostatico.
I predatori in testa che ci fanno venire gli infarti
Oggi, però, il nemico non è più un leone, ma qualcosa di più subdolo e persistente: le scadenze, le bollette, le notizie continue di guerre e crisi, il lavoro precario, il capo che fa mobbing.
Queste condizioni, per il cervello, sono minacce altrettanto gravi. Ma a differenza del predatore, che prima o poi spariva (o uccideva la preda), questi “leoni mentali” non se ne vanno mai: rimangono nella mente, sotto forma di pensieri, emozioni e sensazioni negative, e da immagini astratte diventano circuiti neurali stabili.
Nel tempo, soprattutto in persone predisposte per fattori genetici e ambientali, questo stato di attivazione continua può degenerare in disturbi ansioso-depressivi.
A differenza dell’uomo primitivo, che poteva fuggire o morire e porre fine allo stimolo, il soggetto moderno rimane imprigionato nella sua percezione del pericolo.
L’amigdala, sovrastimolata, tende a ingrandirsi e a rimanere costantemente attiva. Questo porta a una persistente sensazione di pericolo imminente che altera l’equilibrio dell’intero sistema nervoso centrale, compromettendo la memoria, il controllo emotivo e i processi decisionali, a causa della ridotta funzionalità della corteccia prefrontale.
Il cortisolo esercita effetti decisamente dannosi anche sul cuore. L’attivazione cronica del sistema simpatico e il conseguente sovraccarico di lavoro si traducono, nel tempo, in una compromissione del muscolo cardiaco e del circolo arterioso coronarico, aumentando il rischio di ipertensione, infarto, aritmie e ictus.
Ma lo stato cronico di attivazione indotto dallo stress non si limita all’apparato cardiovascolare: coinvolge anche il sistema respiratorio. Il cortisolo, di fatto un glucocorticoide, cioè la forma attiva dell’ormone farmacologicamente noto come cortisone, ha un effetto immunosoppressivo.
Questo rende il tessuto polmonare, costantemente esposto all’aria ambientale e ai patogeni, e più vulnerabile alle infezioni respiratorie. In presenza di un sistema immunitario inibito, eventuali danni tissutali guariscono più lentamente, rendendo ancora più critica la capacità di recupero dell’apparato respiratorio.
E solo con questa consapevolezza, può finalmente chiudersi la riflessione sull’interconnessione tra cuore, polmoni e cervello, una triade strettamente legata “in salute e in malattia”, in cui ogni squilibrio in uno dei tre organi può alterare profondamente l’equilibrio dell’intero organismo.
Un rapporto fondamentale che può portare benessere e piacere, o all’opposto sofferenza e persino morte.
Un’informazione preziosa da tenere sempre a mente, quando scegliamo la strada da intraprendere nella vita, è che gran parte degli esiti del nostro destino sono, anche se solo in misura minore, ancora nelle nostre mani.
Pertanto, inizia con un bel respiro: il resto verrà da sé.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram – Threads)
Fonti usate per l’articolo:
- [1]
Pedroni, A., Yilmaz, E., Del Vecchio, L., et al. (2024). Decoding the molecular, cellular, and functional heterogeneity of zebrafish intracardiac nervous system. Nature Communications, 15, 10483. https://doi.org/10.1038/s41467-024-54830-w
[2] Romeo, G. (2018). La cardiomiopatia TakoTsubo, Crepacuore o Sindrome del cuore spezzato. Dimensione Infermiere. https://www.dimensioneinfermiere.it/la-cardiomiopatia-takotsubo-crepacuore-o-sindrome-del-cuore-spezzato/ (Consultato il 15 giugno 2025)
[3] Thau, L., Gandhi, J., & Sharma, S. (2023, August 28). Physiology, Cortisol. In StatPearls [Internet]. StatPearls Publishing. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK538239/
[4] Mawri, S. (2023). Beware High Levels of Cortisol, the Stress Hormone. Premier Health. https://www.premierhealth.com/your-health/articles/women-wisdom-wellness-/beware-high-levels-of-cortisol-the-stress-hormone (Consultato il 15 giugno 2025)
[5] Mayo Clinic Staff. (2023, August 1). Chronic stress puts your health at risk – Chronic stress can wreak havoc on your mind and body. Take steps to control your stress. Mayo Clinic. https://www.mayoclinic.org/healthy-lifestyle/stress-management/in-depth/stress/art-20046037 (Consultato il 15 giugno 2025)
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