Flittene: gestione e cura delle vescicole nel paziente diabetico e in quello sano

Dario Tobruk 14/05/21
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Il flittene, o anche chiamata vescicola, è la formazione di liquido sieroso, raccolto all’interno dello spazio tra l’epidermide e gli strati inferiori a causa di diversi agenti: ustioni, pressione, traumi e alcune malattie infettive.

Ad oggi la letteratura scientifica non ha trovato una risposta univoca per gestire e curare il flittene nel paziente diabetico o nel paziente sano, ma sta al professionista (medico o infermiere) valutare caso per caso, cercando la migliore soluzione disponibile, con le poche evidenze scientifiche del momento. In questo articolo cerchiamo di trovare tutte le possibili risposte date dall’evidenze scientifiche disponibili nei due casi di flittene più comuni: la vescicola nel paziente sano ustionato e il flittene del tallone di un paziente diabetico.

Flittene: gestione, cura e medicazione delle vescicole

Le prime due cose che bisogna considerare è la causa e la localizzazione della vescicola. Una vescicola dovuta a un ustione non grave, di piccole dimensioni, in un paziente sano è una situazione clinica completamente diversa da un flittene sul tallone di un piede diabetico.

Gestire il flittene nel paziente ustionato e sano

Anche in questo caso, la gestione del paziente dovrà essere valutato secondo il caso. Le opzioni che le raccolte sistematiche e gli studi rendono disponibili sono:

  • lasciare intatta la vescicola;
  • aspirare sterilmente il contenuto sieroso ma lasciare l’epidermide sul tetto della ferita;
  • sbrigliare completamente la vescicola per medicarla.

Lasciare intatta la vescicola, è buona pratica soprattutto nel paziente sano che presenta flittene di piccole dimensioni (<6mm), in zone non a rischio di rottura (come mani e piedi o in prossimità delle articolazioni). Favorendo che i processi naturali di guarigione facciano il loro corso.

Aspirare il contenuto con una siringa è un’opzione valida soprattutto quando il flittene provoca dolore, quando il sospetto di rottura è imminente e/o il paziente è agitato. In questo caso la premura è garantire che una medicazione idonea renda ispezionabile il sito tramite una medicazione trasparente come un film di poliuretano o un idrocolloide extrasottile. Inoltre c’è un altro aspetto da considerare:

Se le dimensioni o altri fattori (es., paziente agitato) accrescono il rischio di rottura della vescicola rendendo opportuno intervenire, l’aspirazione con ago (forare la vescicola con manovra asettica) appare provocare meno dolore in confronto al alla rimozione della vescica (deroofing) (Morris, 2008).

Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche – Manuale per l’infermiere. Di Claudia Caula e Alberto Apostoli – Ed. Maggioli – 2011

Evacuare il flittene e rimuovere l’epidermide, invece, è una procedura poco raccomandata in questo tipo di pazienti, in quanto se non si sospettano lesioni profonde dei tessuti che lasciati a sé, peggiorerebbero, l’epidermide lasciata in situ fungerebbe da “medicazione avanzata” favorendone la guarigione.

Nel caso si optasse comunque per l’asportazione del tetto del flittene è bene prima considerare la capacità del paziente di proseguire con le medicazioni, obbligatorie, per evitare il rischio di infezioni di una epidermide esposta. Verificare che il paziente possa continuare in sicurezza a medicare l’epidermide ormai scoperta e a rischio di infezione.

La valutazione del paziente con ulcere croniche

Quando, nelle corsie dei reparti, o dai lettini degli ambulatori, oppure durante gli eventi formativi o in occasione degli stage/ tirocini dei corsi di laurea e master universitari, si pone la fatidica domanda: “Cosa serve per ottenere la guarigione di un’ulcera cronica?”, comunemente la risposta è un lungo elenco di medicazioni, dispositivi e tecnologie tra i più disparati. Oggi più che mai è invece necessario (ri)orientare l’assistenza limitata e limitante generata da questa prospettiva che non riesce ad andare oltre al “buco che c’è nella pelle”, restituendo centralità alla persona con lesioni cutanee; occorre riaffermare che il processo di cura deve essere basato su conoscenze approfondite, svincolate da interessi commerciali, fondate su principi di appropriatezza, equità, sostenibilità e in linea con il rigore metodologico dell’Evidence Based Nursing/Medicine che fatica ad affermarsi. Questo testo, pensato e scritto da infermieri con pluriennale esperienza e una formazione specifica nel settore del wound management, propone nozioni teoriche e strumenti pratici per capire quale ulcera e in quale paziente abbiamo di fronte, e de- finire quali obiettivi e quali esiti dobbiamo valutare e devono guidare i nostri interventi. Nello specifico, la prima sezione del volume affronta alcune tematiche propedeutiche alla valutazione delle ulcere croniche, offrendo al lettore una discussione approfondita sui meccanismi della riparazione tessutale normale e quelli attraverso cui un’ulcera diventa cronica; segue una panoramica di questa tipologia di lesioni cutanee. La seconda sezione entra nel dettaglio delle varie fasi in cui si articola il percorso strutturato della valutazione con cui realizzare la raccolta di informazioni e dati sulla base dei quali formulare un giudizio clinico e guidare, in maniera consapevo- le e finalizzata, gli interventi di trattamento delle ulcere croni- che, come è richiesto ai professionisti della salute di oggi.Claudia Caula, infermiera esperta in wound care. Direzione delle Professioni Sanitarie. AUSL Modena.Alberto Apostoli, podologo; infermiere esperto in wound care; specialista in assistenza in area geriatrica; specialista in ricerca clinica in ambito sanitario. Azienda ASST Spedali Civili di Brescia.Angela Libardi, infermiera specializzata in wound care. ASST Sette Laghi – Varese.Emilia Lo Palo, infermiera specializzata in wound care. Ambulatorio Infermieristico Prevenzione e Trattamento Lesioni Cutanee; Direzione delle Professioni Sanitarie. Azienda ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

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Gestire il flittene nel piede diabetico

La cura e la medicazione del flittene sul tallone nel piede diabetico è estremamente difficile da gestire, in quanto i pareri dei professionisti sono contrastanti, la letteratura limitata e le linee guida deboli.

I pazienti e i parenti dovrebbero sempre affidarsi ad un professionista esperto del settore come un infermiere esperto nel wound care o affidandosi ad un centro del piede diabetico.

Cause e gestione generale del flittene nel piede diabetico

Le vescicole sui talloni dei diabetici si formano nella quasi totalità dei casi a causa di frizione, sfregamento e/o pressione, quindi un primo punto fermo è l’eliminazione di queste grazie a:

  • addestramento dei caregiver per la prevenzione delle lesioni da decubito;
  • posizionamento di presidi antidecubito;
  • utilizzo di archetto alzacoperte al fondo del letto;
  • uso di talloniere in schiuma di poliuretano o dispositivi simili;
  • impiego di calzature idonee;
  • igiene e cura del piede diabetico.

Sono interventi validi ed efficaci in tutte le situazioni e che devono essere immediatamente messi in atto per evitare di peggiorare la situazione. Fatto questo, è bene considerare molteplici aspetti: noi vi forniremo una panoramica delle maggiori indicazioni di comportamento clinico che possono essere attuate. Anche qui le possibilità sono tre:

  • lasciare intatta la vescicola;
  • aspirare sterilmente il contenuto sieroso ma lasciare l’epidermide sulla ferita;
  • sbrigliare il flittene e medicare.

 Lasciare intatta la vescicola

Una vescicola chiusa ha un minore rischio di infezione, e teoricamente, il siero all’interno dovrebbe favorire la guarigione. Nella realtà operativa, si è visto che questo approccio comporta spesso un peggioramento della situazione, in quanto è noto che, parafrasando un famoso razionale, “una lesione da pressione tenderà a peggiorare se lasciata a se stessa, anche in assenza delle cause che l’hanno indotta“.

Quindi l’unico motivo per cui si può ragionevolmente lasciare intatta una vescicola è quando non vi è alcun sospetto di lesioni (che progrediranno nella necrosi). Molto difficile, poiché la stessa vescicola è già un’indicazione di lesione di 2° stadio, e quindi già processo degenerativo, e se lasciato a sé, non può che peggiorare.

Inoltre la persistenza del liquido sieroso, oltre che aumentare il dolore, sia per effetto biochimico, sia per effetto compressivo del liquido sul letto della ferita, prolunga il processo infiammatorio diluendo i tempi di guarigione.

Aspirare il flittene con una siringa

Aspirare sterilmente il contenuto sieroso di una vescicola, è il comportamento maggiormente indicato dalla quasi totalità delle linee guida tra cui l’Allegato del protocollo di gestione dell’Emilia-Romagna e le linee guida Aislec 2020, che nella raccomandazione 14 specifica:

In pazienti adulti diabetici e non diabetici che presentino una Sospetta Lesione dei Tessuti Profondi del tallone (Suspected Deep Tissue Injury-SDTI) e flittene ematiche, si dovrebbe aspirare il liquido dalle flittene al fine di facilitare il processo di guarigione, ridurre il rischio di infezione e il dolore. GRADE: DEBOLMENTE RACCOMANDATO.

[…] Nonostante la completa mancanza di evidenze in questo ambito, si è raggiunto un accordo, seppur debole, sull’utilità dell’aspirazione del liquido dalle flittene, in particolare per le lesioni di grandi dimensioni che interferiscono con le attività di vita quotidiana e/o che causano intenso dolore.

AISLEC “Raccomandazioni per la valutazione e gestione del paziente affetto da lesioni da pressione del tallone”

Se si è optato per questa scelta, è consigliato eseguire preventivamente una corretta disinfezione del sito cutaneo e dopo l’evacuazione del flittene, eseguire un risciacquo e aspirazione con soluzione iodopovidone (disinfetta, riduce l’essudato e incolla l’epidermide al letto). Infine garantire una medicazione idonea che protegga la ferita:

  1. medicazione sterile assorbente e cuscinetto protettivo in prima fase per contenere e quantificare l’essudato. Eseguire ogni giorno se molto essudante;
  2. medicazione avanzata assorbente idrocolloide, protegge la ferita dal rischio di infezioni, assorbe l’essudato e garantisce l’ambiente umido idoneo alla guarigione. Sostituire secondo essudato e indicazione del produttore;
  3. verificare continuamente l’evolversi della lesione al di sotto dell’epidermide, un tessuto leso si presenta come marrone/violaceo, se questo progredisce verso una lesione dovrà essere presa in considerazione l’ipotesi di rimuovere l’epidermide e gestire la lesione tramite medicazioni avanzate.

Sbrigliare il flittene e medicare.

Lo sbrigliamento del flittene, anche se poco trattato da linee guide è l’unico che, se nelle mani di un esperto, garantisce la totale gestione della lesione nel tallone del piede diabetico. Sebbene non citati dalla letteratura, i lati positivi della rimozione della vescicola (deroofing) sono numerosi:

  • osservazione diretta della ferita e migliore gestione della lesione;
  • riduzione della pressione;
  • riduzione della progressione della necrosi.

Gli aspetti negativi sono dovuti al fatto che in un paziente diabetico, il rischio di infezione di una cute esposta sono esponenziali, un operatore non esperto potrebbe non essere in grado di saper gestire la situazione. Secondo il testo “Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche” (vedi fonti) in caso di vescicola rotta o asportata:

Selezionare il tipo di medicazione umida più adeguato in base alla quantità di essudato, tipo di tessuto presente nel letto della lesione, carica batterica, ecc. Altro criterio da considerare, poiché la sede anatomica è soggetta a frizioni e attrito[…]

Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche

Quali sono le medicazioni adeguate per un’ulcera da pressione in un neonato” Le vesciche vanno rimosse” Come trattare un’ustione superficiale” Quali sono i segni secondari di infezione” Cosa fare in caso di un’ulcera maleodorante” e in caso di dermatite da incontinenza” Come prevenire le ulcere da pressione del tallone” Quali sono i problemi della ricerca infermieristica nel campo del wound care” Quali sono le caratteristiche cliniche da rilevare” Come si prepara un intervento educativo per un paziente con ulcere” Pensato e scritto da infermieri con una preparazione specifica nei diversi ambiti della cura delle lesioni, questo libro affronta temi particolari e poco conosciuti, ma ben presenti nella pratica quotidiana. Il manuale coniuga le più recenti prove di efficacia – mettendone in luce gli elementi critici e i punti di forza – con l’esperienza degli autori. Il modo in cui sono trattati i singoli argomenti non offre al lettore “ricette facili” (spesso fallimentari), ma fornisce percorsi per trovare soluzioni differenti a pazienti unici. Caula Claudia, infermiera, esperta in wound care, referente ulcere da pressione RSA Vignola (MO). Alberto Apostoli, infermiere, podologo, esperto in wound care. Master in Assistenza Infermieristica in Area Geriatrica. U.O. Chirurgia Plastica, Azienda Spedali Civili (Brescia).

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Da questo momento, la lesione andrà gestita come un’ulcera di 2° stadio secondo classificazione EPUAP e in base a essudato, infezione/infiammazione, dimensioni e condizioni della ferita dovranno essere utilizzate le medicazioni avanzate necessarie per progredire verso la guarigione del ulcera del tallone.

Per sapere come gestire e medicare una lesione da decubito consigliamo i seguenti articoli:

Purtroppo la gestione corretta di questo tipo di lesione è molto difficile da indicare in quanto è difficile trovare indicazioni precise, in quanto mancano studi con livelli di raccomandazione sufficientemente forti da far concordare tutti gli esperti di questo campo, impedendo di trovare un’unica soluzione che vada bene per tutti, rimandando al singolo professionista l’onere di riuscire a gestire un flittene nel tallone di un piede diabetico e medicarne la lesione da pressione.

NB: queste indicazioni non possono sostituire protocolli, istruzioni operative o linee guida aziendali o nazionali, ma possono limitarsi al solo scopo di dare una panoramica generale della situazione attuale. Clicca qui per conoscere il nostro Disclaimer medico-infermieristico.

Autore: Dario Tobruk (Profilo Linkedin)

Fonti scientifiche:

  • Cura e assistenza al paziente con ferite acute e ulcere croniche – Manuale per l’infermiere di Claudia Caula e Alberto Apostoli – Ed. Maggioli – 2011
  • Flanagan, M., & Graham, J. (2001). Should burn blisters be left intact or debrided?. Journal of wound care10(2), 41–45. https://doi.org/10.12968/jowc.2001.10.2.26052
  • Warner, P. M., Coffee, T. L., & Yowler, C. J. (2014). Outpatient burn management. The Surgical clinics of North America94(4), 879–892. https://doi.org/10.1016/j.suc.2014.05.009
  • Grey J EHarding K GEnoch SPressure ulcers doi:10.1136/bmj.332.7539.472
  • Linee guida AISLeC 2020 Raccomandazioni per la valutazione e gestione del paziente affetto da lesioni da pressione del tallone, Massimo Rivolo RN, Sara Dionisi, Diletta Olivari et al.
  • Allegato 1 documento: “Le medicazioni avanzate per il trattamento delle ferite acute e croniche” – Protocollo di trattamento delle lesioni da pressione (2016). Commissione regionale dispositivi medici; Regione Emilia-Romagna, gennaio 2016

 

Dario Tobruk

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